Polanski: A film memoir. Commento di Chiara Mezzalama 29-05-2012

in Visti e rivisti

Polanski: a film memoir

 

Commento di Chiara Mezzalama


Polanski, una lezione di resilienza La resilienza è una qualità psichica che permette all’individuo di far fronte al trauma, reagendo positivamente alle difficoltà, anche gravi, che incontra senza che la sua struttura interna venga irrimediabilmente danneggiata. Essa è frutto della capacità della mente di preservare uno spazio che non sia totalmente invaso dalle angosce traumatiche. Questo concetto mi ha accompagnato durante la visione del film intervista al regista Roman Polanski, “A film Memoir”. La struttura del film di Laurent Bouzereau (2011, presentato al Festival di Cannes) è molto semplice: Andrew Braunsberg chiede a Roman Polanski di raccontare la sua vita. Il contesto in cui ciò avviene è solo apparentemente tranquillo. I due, amici fin dal 1964, si ritrovano nello chalet di Gstaad, in Svizzera, dove Polanski è agli arresti domiciliari per una condanna per violenza sessuale ai danni di una minorenne che risale al 1977, e per la quale, dichiarandosi colpevole, era stato costretto a lasciare gli Stati Uniti. Il racconto della sua vita si intreccia con le immagini della lunga e ricca filmografia di questo straordinario regista, la cui vita, a mano a mano che egli la racconta, appare anche essa totalmente straordinaria per la violenza degli eventi che l’hanno scandita. Dall’infanzia nel ghetto di Varsavia, la fuga durante i rastrellamenti, il lavoro duro dei bambini (qui Polanski racconta come ha imparato a fare le buste di carta, e ancora è in grado di confezionarne una), la morte che colpisce tutto intorno arbitrariamente, fino ad agguantare sua madre, deportata ad Auschwitz e morta in un forno crematorio, mentre era incinta. Molti dei suoi ricordi sono stati magistralmente raccontati nel film forse più importante, “quello che vorrei fosse messo sulla mia tomba”, dice Polanski, “Il Pianista” (2002). Sopravvissuto, incontra da ragazzo il teatro e poi il cinema, da allora la sua grande passione. Dopo un inizio difficile, la fama e il successo non tardano ad arrivare. E qui si snocciola un’altra vicenda molto significativa e altrettanto traumatica: il rapporto con i media e lo star system. Prima con l’episodio agghiacciante dell’omicidio della moglie Sharon Tate, ad opera della setta di Charles Manson, per un assurdo equivoco. Anche Sharon Tate era incinta, all’ottavo mese. La madre e la moglie vengono accomunate da questo destino violento che le porta via entrambe con una vita in grembo. Polanski descrive quei mesi come un inferno, alienato da se stesso, perseguitato dai giornalisti che cercano lo scoop a tutti i costi, passando tranquillamente sopra la vita delle persone. Ma lui continua a fare film. E nei suoi film trasuda tutta l’angoscia che quest’uomo dallo sguardo acuto e dall’intelligenza sottile si trova a vivere. Il trauma viene declinato in molteplici forme: spesso assume in contorni della follia, oppure della violenza, o ancora dell’ironia, ma in tutte le pellicole di Polanski, c’è un sottofondo di angoscia, l’attesa di una catastrofe, che si traduce in una tensione narrativa che tiene lo spettatore inchiodato ai suoi film, non a caso dei clamorosi successi. Ancora uno scandalo, la denuncia per stupro ai danni di una minorenne, la condanna, la ferocia mediatica, la fuga in Francia, l’incontro con l’attuale moglie Emmanuelle Seigner, i figli, la carriera, i premi. Polanski non si tira indietro rispetto a nulla, vive le situazioni con estrema lucidità, senza negare il dolore che lo colpisce ripetutamente, senza nemmeno però lasciarsi travolgere. Analiticamente potremmo dire che i suoi film sono sogni, e che attraverso questi sogni egli sia riuscito in qualche modo a elaborare i suoi vissuti, a dare un senso all’esperienza laddove il trauma rischia di mandare in frantumi la vita psichica. Sono sogni sognati, i film di Polanski, e non a caso lo spettatore viene spesso toccato nelle sue corde profonde, smosso in quei territori dell’inconscio dove non è facile avventurarsi; lungo il confine incerto tra normalità e follia, tra vita e morte, tra lecito e illecito. Nell’ultima parte del film, Roman Polanski afferma che la sua immagine mediatica non potrà mai cogliere ciò che lui è veramente, il personaggio non è mai sovrapponibile all’uomo, e lui non sarebbe l’uomo che è senza tutto ciò che gli è capitato. Ci lascia dunque con un interrogativo sul libero arbitrio, ma la sua intera esistenza sembra un lungo e difficile, talvolta disperato tentativo di “sentirsi vivo”, nonostante tutto. 22 maggio ’12

29/05/2012

Centri Clinici AIPPI

I Centri Clinici AIPPI offrono, a costi contenuti, consultazioni e percorsi psicoterapeutici ad indirizzo psicoanalitico per bambini in età pre-scolare, scolare, adolescenti con lievi o gravi difficoltà nella sfera emotiva e relazionale e per genitori che si trovano ad affrontare problematiche di coppia e/o legate al rapporto con i figli.

I Centri Clinici offrono consulenze a professionisti impegnati nel lavoro con i bambini ed adolescenti e nelle professioni di aiuto. Contatta il Centro clinico AIPPI più vicino a te (Milano, Roma, Napoli) per saperne di più e per fissare il primo colloquio.

PRENOTA ORA IL TUO PRIMO COLLOQUIO
Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK