La freccia ferma. Commento di R. Quintiliani

 

 

 

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LA FRECCIA FERMA

Tre tentativi di fermare il tempo 

Elvio Fachinelli

 

Commento di Roberto Quintiliani

Il saggio di Fachinelli trae il suo titolo dalla famosa tesi di Zenone, che tra gli argomenti dei suoi paradossi, sostiene che una freccia che appare in movimento, in realtà, è immobile. In ogni istante infatti, essa occuperà solo uno spazio “che è pari a quello della sua lunghezza, e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatto di singoli istanti, essa sarà immobile in ognuno di essi”.

Il sottotitolo di Fachinelli, “tre tentativi di annullare il tempo”, ci indica il percorso nella psicopatologia umana che l’Autore intende dipanare nel suo libro: far tornare indietro il tempo, arrestarlo o annullarlo.

In questo libro Egli introduce il tema del dolore legato alla consapevolezza dello scorrere del tempo ed evidenzia i meccanismi mentali per negare lo scorrere del tempo, attraverso la sua parcellizzazione, le ossessioni e i rituali.

L’Autore descrive un paziente che soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo molto grave e invalidante, che governa la sua vita,

La trattazione di questo caso può rimandare a quanto sostiene Money Kyrle in “Lo scopo della psicoanalisi” (1971), in cui egli scrive che lo sviluppo psichico della persona passa attraverso il riconoscimento di alcuni aspetti della realtà che egli chiama “fatti della vita”. Tra di essi il riconoscimento del trascorrere ineluttabile del tempo che confronta il soggetto con la realtà della separazione e della perdita dall’oggetto primario. Una complessa organizzazione patologica può costituirsi nel tentativo onnipotente di ignorare questa realtà e “fermare il tempo”.

Il paziente citato nel libro, si confronta con vari artifizi per evitare la catatonia che sola potrebbe rappresentare a livello corporeo il tempo fermo. L’ azione per essere compiuta deve costituire un atto di obbedienza ad un ordine superiore, che eviterebbe l’arbitrio e la libera scelta, fonte di sensi di colpa. Ogni azione spontanea risulterebbe portatrice di fantasie aggressive oppure di fantasie libidiche verso l’oggetto, che porterebbero entrambe alla possibilità di una separazione dall’oggetto primario. Ma la “regola”, il comportamento imposto, pervade tutte le sfere della vita e del pensiero del paziente. Ogni azione, ogni parola pronunciata o pensata ha il suo contraltare “peccaminoso” ed ha bisogno di una sua depurazione attraverso un comportamento o un pensiero riparativo che, esso stesso però, può essere frainteso in una azione o pensiero di natura opposta, “peccaminosa”, in un circolo vizioso senza fine che porta inevitabilmente al punto di partenza in un tentativo di annullare il tempo.

A proposto delle azioni che devono essere compiute come atto di obbedienza ad un comando ricordo un mio paziente che, in seguito ad un break down successivo alla malattia e morte della mamma, costruisce un sistema delirante che in una escalation lo porterà a diventare quasi catatonico per obbedienza alla voce di Dio che gli ordinava di non fare nulla. Il mio paziente doveva contravvenire alla regola divina imponendosi di mangiare e dormire per sopravvivere con la conseguenza però, di una inevitabile punizione dopo la morte che lo avrebbe condannato ad una serie di pene eterne che si andavano necessariamente e inevitabilmente accumulando.

Il paziente che Fachinelli descrive arriverà a trovare una soluzione segmentando onnipotentemente il tempo in istanti sempre più piccoli sino ad arrivare, come nel paradosso di Zenone, alla conclusione che se il tempo può essere frammentato in segmenti sempre più piccoli, all’infinito, scollegati l’uno dall’altro, ognuno caratterizzato dall’avverbio “ora”, allora esso può essere fermato poiché è impossibile percorrere in un tempo finito spazi infiniti. Anzi, procedendo in senso inverso, si può anche arrivare ad annullare l’azione svolta, come una sorta di rewind in un videoregistratore.

Il tentativo di annullare il tempo alimenta la sensazione onnipotente di essere il padrone del tempo. Da qui il richiamo di Fachinelli all’onnipotenza infantile il cui prototipo freudiano del gioco del rocchetto ne è un esempio. Il bambino osservato da Freud riesce nella sua fantasia a governare l’assenza e la presenza dell’oggetto. Da impotente spettatore dell’assenza della madre, il bambino di Freud diventa, attraverso una fantasia onnipotente in cui il tempo è ciclico e non più lineare, colui che domina la situazione.

L’Autore arriva a parlare di come questo meccanismo abbia caratterizzato la civiltà arcaica e non solo. Il tentativo di dominare il tempo e la sua ineluttabile conseguenza: la morte e il bisogno di non essere sopraffatti dal caos inteso come essere in balia degli eventi, attraverso meccanismi ossessivo-compulsivi, attraverso rituali e formule magiche, è sempre appartenuto all’armamentario mentale dell’uomo. Ancora oggi, di fronte alla pandemia dovuta al Sars-Cov-2, preferiamo ricorrere a meccanismi mentali difensivi, come la negazione o la ricerca di spiegazioni complottistiche che diano un senso a qualcosa che altrimenti ci fa sentire impotenti e profondamente vulnerabili, deboli e soli.

Per Fachinelli, il culto degli antenati ha il senso di rendere eterno ciò che ha a che fare con la morte, una fine inevitabile. Il tempo così da lineare diventa ciclico e di conseguenza infinito. I rituali magici e religiosi rendono sacro un meccanismo ossessivo compulsivo che nelle manifestazioni del singolo definiamo onnipotenti e patologiche ma che, se riferiti ad una società, ci appaiono del tutto congrui ed accettabili.

A tale onnipotenza che rende cieca una intera nazione, si riferisce Fachinelli quando introduce il tema del fascismo il quale, attraverso i suoi simboli (bandiere nere, teschi e tibie ecc,) si pone in posizione altezzosa e denigratoria della morte e dell’impotenza che questa suscita.

Un libro, in conclusione, pieno di evocazioni e riverberi del nostro mondo interno, questo di Fachinelli, che lascia il segno e pone dubbi sulle umane sicurezze e che si propone come ulteriore spunto di ricerca. Per noi kleiniani forse è più semplice addentarci nelle fantasie onnipotenti infantili e negli stati primitivi della mente che necessariamente ritroviamo nei concetti qui espressi dall’Autore, che ha il merito di farci guardare non senza timore allo specchio e dentro di esso.

 

04/05/2021

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