Paranoid Park. Commento di Chiara Mezzalama 24-04-2012

PARANOID PARK (2006)

 

Commento di Chiara Mezzalama


L’adolescenza è un tema centrale nella ricerca di Gus Van Sant, regista non allineato, gay dichiarato, nato negli Stati Uniti nel 1952. Paranoid Park, film del 2006, narra la vicenda di Alex, un ragazzo sedicenne i cui genitori sono separati e che comincia a frequentare un parco per skaters, dove incontra Scratch, un emarginato. Una notte, uccide incidentalmente un vigilantes notturno lungo i binari di una ferrovia. Alex decide di tacere. Il film è il racconto del tormento di Alex a seguito di questo episodio e delle conseguenze della sua decisione di non raccontare ciò che è accaduto. “Paranoid Park è un luogo inventato, uno skate park…è il mondo interiore del protagonista”, con queste parole il regista definisce Paranoid Park, come luogo sospeso tra realtà e fantasia, che vorrebbe essere un luogo di divertimento ma si trasforma in luogo di alienazione e di inquietudine. Il film è diviso in due parti: nella prima parte Alex cerca in tutti i modi di nascondere l’accaduto, di coprire la verità dell’omicidio, seppure accidentale, continuando a fare la sua vita di sempre. Ma questo suo tentativo fallisce e progressivamente tutto va in frantumi; il senso di colpa dilaga e Alex si perde in quella terra di nessuno dove la distinzione tra bene e male è scomparsa e regnano soltanto confusione e solitudine. Il film ricostruisce il progressivo andare in pezzi di Alex attraverso diverse tecniche registiche: - Uso del tempo: il tempo è circolare, le scene non sono presentate in ordine cronologico, alcune scene si ripetono, la storia va avanti poi torna indietro, rallenta e accelera, gira su se stessa come in un labirinto, lasciando nello spettatore un senso di spaesamento e crescente angoscia. - Uso della musica: una miscellanea di musiche che sembrano non avere alcun rapporto le une con le altre (musica classica, un tema di Nino Rota, musica elettronica). La musica è spesso sfasata rispetto all’immagine, e crea delle dissonanze sensoriali e un senso di perdita di contatto con la realtà. - Uso delle riprese in soggettiva: la telecamera è incollata ad Alex, lo segue ovunque, come fosse l’unica testimone del suo tormento, cercasse di penetrare la sua intimità, il suo mondo interiore, senza giudicare ma senza lasciare scampo. Il film parla di un crollo. Il racconto di Alex è pieno di buchi, di amnesie, di falsificazioni. Tutto è frattura: il corpo tagliato a metà della guardia notturna sui binari fino alla locandina del film dove l’immagine è tagliata a strisce che non combaciano perfettamente tra di loro. Anche la lettera che Alex scrive, estremo tentativo di dare un senso a ciò che gli accade interiormente, è un insieme di fogli strappati da un quaderno. Non c’è niente che li tiene insieme. Non c’è niente che lo tiene insieme: i suoi genitori sono separati, la sua ragazza, che pure sarebbe una figura positiva, non riesce a raggiungerlo veramente e nemmeno l’ispettore della polizia riesce a ricostruire la dinamica dei fatti. Ogni legame è interrotto. Gli adulti hanno perso ogni contatto con il mondo degli adolescenti. Al padre che gli chiede cosa potrebbe fare per aiutarlo, Alex risponde con un silenzio che racchiude in sé il fallimento di ogni possibile comunicazione. Il film pone molti interrogativi che ci facciamo spesso quando lavoriamo con gli adolescenti, - come raggiungerli? -, - come ricostruire una trama a seguito di un trauma o di un incidente?... Gus Van Sant racconta questo smarrimento reciproco; lo smarrimento del ragazzo ma anche di chi dovrebbe cercare di avvicinarsi a lui. Il regista decide di fare l’unica cosa che forse si può tentare di fare in questi casi: restare vicino al suo personaggio, osservarlo, senza esprimere giudizi e condanne, quasi senza parole (non ci sono praticamente dialoghi in tutto il film), cercando soltanto di seguirlo attraverso il suo labirinto. Il film si conclude con una forma di riappacificazione: quando Alex brucia la sua lunga lettera sembra aver trovato un qualche sollievo, forse solo temporaneo. La funzione del terapeuta potrebbe essere quella di offrire delle pagine su cui raccontare una storia, seppure confusa, indicibile, frammentata, attraverso la capacità di ascolto e di empatia…

24/04/2012

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