Miracolo a Le Havre (Le Havre). Commento di A. Gentile

 

Miracolo a Le Havre, (Le Havre, 2011). Regia di Aki Kaurismäki

Commento di Aurora Gentile

 

Le Havre non è lontana da Calais, qui si arresta il movimento dei migranti in fuga dai loro paesi. Nel film appaiono anche archivi recenti del TG francese con dei veri pezzi degli arrivi nei centri di smistamento, meglio dire di detenzione. Miracolo a le Havre è anche un documento sul trattamento inflitto ai migranti in Europa, quindi un film politico, anche se si tratta di una politica poetica che tiene insieme la realtà dei migranti di oggi e una forma di poesia nostalgica di un tempo (gli anni tra i 30 e i 50) in una Le Havre che ricorda i film di Carné e risuona dei tanghi di Gardel.

La storia è semplice, come una favola per bambini. Il sessantenne lustrascarpe Marcel Marx esercita il suo desueto mestiere a Le Havre tra la casa che divide con la moglie Arletty e la cagnolina Laika, il bar del quartiere e la stazione dei treni, dove di preferenza lavora. Il caso lo mette di fronte contemporaneamente alla scoperta che Arletty è malata gravemente di cancro, forse morirà, e l’incontro con Idrissa, un ragazzino sans-papiers immigrato dall’Africa, sbarcato in Francia in un container e sfuggito alla polizia.

Con il supporto dei vicini di casa, la fornaia, il fruttivendolo e il barista, Marcel vuole aiutare Idrissa a passare la Manica e raggiungere la madre in Inghilterra. Non solo riesce nell'impresa, ma Arletty inspiegabilmente guarisce. Come nelle favole, c’è un miracoloso lieto fine.

Le Havre però è anche una favola dalle tinte oscure, di “un’ansietà metallica” (com’è stato detto), che si trasmette tutta intera nei colori del film, blu scuri e rossi intensi di una freddezza che evoca l'oscurità dei nostri tempi.

Come estrarre l’umanità da questi tempi oscuri? L’umanità del pensiero libero e della poesia, del soccorso reciproco, dell’ospitalità? Abbiamo la scelta, ci dice Kaurismäki, si può attendere o si può reagire, rivoltarsi o piegarsi.

È un atto di rivolta la fuga di Idrissa dal container, ed è un atto di rivolta l'aiuto che Marcel offre ad Idrissa. Dove trovano il coraggio di sollevarsi? Idrissa sembra aver messo in conto che dopo la fuga forse non potrà mai raggiungere Londra, e la madre. Ma il suo desiderio è indistruttibile, anche se è un adolescente molto diverso dal giovane terrorista arruolato nelle fila della Jihad. Idrissa è un ragazzino buono e coltivato che però ha deciso di prendere in mano la sua vita. Forse è questo che ha del miracoloso, che Idrissa, nonostante tutto, sia così pieno di forza, di volontà, di voglia di vivere per opporre la potenza del suo desiderio al potere degli stati e migrare costi quel che costi. Non c’è posto per la melanconia, il film è dedicato a coloro che attraversano i muri, i confini certo, ma anche la morte come accade ad Arletty.

08/07/2020

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