Lars e una ragazza tutta sua. Commento di Silva Oliva (17-04-2015)

Lars e una ragazza tutta sua

Commento di Silva Oliva

Lars e una ragazza tutta sua (Lars and the Real Girl) è un film del 2007, delicato e intimista, diretto dal regista Craig Gillespie, una favola surreale sulla solidarietà, sul bisogno di affetto e sul diventare  adulti affrontando gli intensi sentimenti suscitati dal rapporto con l’altro.

 

Lars è un ragazzo timido ed introverso che vive in una piccola e fredda città del Wisconsin, ritirato nel garage della casa abitata dal fratello Gus e dalla cognata Karin in attesa di un bambino. Nonostante svolga un lavoro, rifugge dalle amicizie e dai rapporti sociali e, fin dalla prima scena, lo vediamo indossare una curiosa sciarpa che poi sapremo essere la copertina per la culla sferruzzata dalla madre quando era incinta di lui e morta nel darlo alla luce.

 

Il film inizia mostrandoci come Lars tenti di sottrarsi ai tentativi delle signore della comunità di invitarlo a trovarsi una fidanzata,  a quelli della affettuosa cognata Karin di invitarlo  a pranzo per rompere il suo isolamento e ai timidi tentativi di fare amicizia della giovane collega Margo. Un giorno però, ad un ulteriore invito del fratello e della cognata,  Lars stupisce tutti annunciando che verrà a cena con una ragazza. Allo stupore seguirà lo sconcerto e la preoccupazione perché Bianca, così si chiama la nuova arrivata, è una bambola in silicone a grandezza naturale abbigliata in modo sessualmente provocante. Lars, che tratta la bambola come una persona vera, dirà che si tratta di una missionaria brasiliano-danese, costretta su una sedia a rotelle,  conosciuta attraverso Internet. Il fratello Gus, molto spaventato dallo stato delirante del giovane, chiede aiuto alla dottoressa e psicologa Dagmar, che consiglia di assecondare Lars, trattando la bambola come una vera fidanzata,  perché ritiene che l’evidente alienazione psichica del giovane possa  essere un modo per comunicare o per elaborare qualcosa: Se Bianca è qui c’è una  ragione”, dice. Lars stesso, ai tentativi del fratello di fargli prendere coscienza che Bianca è solo una bambola, ribadisce che “Bianca è venuta al mondo per aiutare gli altri”. Così la dottoressa, con la scusa di aiutare psicologicamente Bianca nella sua nuova situazione, inizierà degli incontri periodici con Lars e Bianca nei quali il giovane, attraverso la storia della fidanzata (“la madre è morta nel darla alla luce”), parlerà di sé, della sua sofferenza e del suo “sintomo”,  del fatto cioè che sente un dolore fisico bruciante sulla pelle ad ogni contatto umano (afefobia).     Nello svolgersi della vicenda filmica, veniamo a conoscenza della vita triste e solitaria del giovane: morta la madre di parto, il padre si è chiuso in cupo isolamento depressivo e il fratello Gus  è andato via dalla casa paterna appena sedicenne lasciando il fratello minore completamente solo e privo di affetti. Lars descrive la sua condizione di solitudine e di bisogno d’amore leggendo a Bianca   un passo del Don Chisciotte di M. de Cervantes: “E così trovava consolazione passeggiando su e giù per il prato, scrivendo e incidendo sulla corteccia degli alberi e sulla sabbia fine un’infinita serie di versi, tutti ispirati alla sua solitudine e in lode di Dulcinea…”.

 

Con l’aiuto del prete, tutto il paese, che vuol bene al giovane, accondiscende al delirio di Lars e  tratta la bambola come una persona a pieno titolo. Lars, con la “fidanzata”, inizierà ad accettare gli inviti  agli eventi  della comunità, imparerà a ballare, a frequentare compagnie di coetanei mentre Bianca inizierà a “lavorare” rendendosi utile per intrattenere  bambini ospedalizzati e partecipare ad altri impegni sociali che suscitano in Lars sentimenti di intensa gelosia e rabbia, perché allora Bianca “non è tutta sua”. Tutto il paese si impegna in una gara di solidarietà e quando Bianca cade improvvisamente “ammalata”, le materne signore del villaggio si riuniscono a casa di Lars per accudirlo e, contemporaneamente, stare  insieme in un ambiente caldo di solidarietà e affetto,    sentimenti e desideri comuni a tutti gli esseri umani, ma  rischiosi perché  espongono alla gelosia, al tradimento, all’abbandono e alla sofferenza.

 

La difficoltà di crescere, affrontando la vita adulta, viene rappresentata tramite i dispetti infantili di Margo e del collega verso  i rispettivi legami intrattenuti con i giocattoli dell’infanzia, l’orsetto  e  le action figures[1], che vengono reciprocamente attaccati e denigrati:  oggetti feticcio intensamente affettivizzati  che consolano quando ci si sente soli e nella difficoltà ad affidarsi ai rapporti con altri esseri umani: “i fiori finti sono migliori, dice Lars, perché durano per sempre”.



 








[1] Riproduzioni in scala di personaggi di film o di popolari serie televisive.

 

L’elaborazione del lutto per le figure primarie perdute e la crescita interna di Lars verso l’età adulta percorre il film attraverso sottili particolari e passaggi simbolici, mediati dalla presenza di Bianca: le visite alla casetta sull’albero dove Lars e Gus giocavano da bambini, il ricordo delle parole del padre che gli insegnava come spaccare la legna e la sciarpa-copertina, sempre al collo di Lars, che il giovane presterà prima alla cognata Karin incinta (Non voglio che il piccolino abbia freddo!) poi  a Bianca e successivamente  a Margo, quando potrà stringere la mano della ragazza senza soffrire.

 

Come si diventa adulti?, chiede Lars a Gus, che  nel frattempo è arrivato a comprendere le sofferenze del fratello: “…è stato il sesso, sì, ma non solo per  quello… non lo so…, risponde Gus,  non è così netto il passaggio…una parte di te … ti senti ancora un bambino, ma cominci a decidere su cosa è giusto o sbagliato, ma non solo quello che è giusto  per te, ma quello che è giusto per tutti … anche se a volte fa male…. o quando ammetti di aver sbagliato.. o comunque provarci…a volte sembra facile a volte non lo è affatto … Sembra che crescere significhi anche avere rispetto e considerazione per l’altro e le sue ragioni e che per essere considerati adulti dalla comunità occorre superare delle prove.

 

       Quando infine Lars sarà cresciuto abbastanza, grazie all’amore di Gus e Karin, all’attenzione della dottoressa Dagmar e alla solidarietà di tutto il paese che gli vuole bene, Bianca, ormai diventata superflua,  potrà “morire” accompagnata al cimitero con un funerale quasi festoso, seguito da tutto il paese, in un paesaggio primaverile, il primo del film che si svolge in un ambiente sempre freddo e innevato.

 

L’idea del regista di risolvere la sofferenza di Lars con l’aiuto di tutto il paese, che partecipa in una sorta di   delirio “gruppale” al delirio personale del giovane, richiama il testo S. Freud:  Delirio e sogni nella Gradiva di Jensen  scritto a commento del romanzo  Gradiva di Wilhelm Jensen. Entrambi i giovani,  Lars e Norbert,  i protagonisti deliranti del film e del romanzo, rifuggono il rischio emotivo insito nelle relazioni umane. Nelle rispettive scene artistiche, inseguono una sorta di feticcio che rappresenta  sia il desiderio che la paura dell’amore: la bambola Bianca e il bassorilievo della Gradiva; tramite questo  simulacro compiono un viaggio interiore alla ricerca di ciò che inconsciamente possa restaurare la loro possibilità di dare e ricevere amore. Riusciranno nel loro intento con una sorta di modalità comune che evidenzia come per attraversare e superare stati di grave sofferenza c’è bisogno di un altro impersonato, per  Lars, dalla corale accettazione  “delirante“ dell’intero paese nei confronti della sua relazione con Bianca e per Norbert dall’aiuto di Zoe Bertgang, immaginaria Gradiva, la affettuosa compagna d’infanzia, ora oggetto di un amore adulto, che accetta di assecondarlo e di  parlare con lui senza disconfermarne il delirio, ma agendo anche lei una sorta di complicità delirante affinché il delirio stesso  possa essere abbandonato per una restituzione alla pienezza della vita.

17/04/2015

Centri Clinici AIPPI

I Centri Clinici AIPPI offrono, a costi contenuti, consultazioni e percorsi psicoterapeutici ad indirizzo psicoanalitico per bambini in età pre-scolare, scolare, adolescenti con lievi o gravi difficoltà nella sfera emotiva e relazionale e per genitori che si trovano ad affrontare problematiche di coppia e/o legate al rapporto con i figli.

I Centri Clinici offrono consulenze a professionisti impegnati nel lavoro con i bambini ed adolescenti e nelle professioni di aiuto. Contatta il Centro clinico AIPPI più vicino a te (Milano, Pescara, Roma, Napoli) per saperne di più e per fissare il primo colloquio.

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK