La solitudine dei numeri primi. Commento di Elisabetta Bellagamba 21-04-2013

 La Solitudine dei numeri primi, un film di Costanzo Saverio (2010)

 

 Riuscirà quella carezza a colmare la loro distanza? 

 

Commento  di Elisabetta Bellagamba

 

Come dice Giordano, autore del libro da cui è tratto il film omonimo, i numeri primi sono in matematica dei numeri divisibili solo per uno e per se stessi e, in quanto tali, condannati alla solitudine  come dalla metafora contenuta nel titolo. Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che  impedisce loro di toccarsi per davvero.

 

Il film ha inizio con una scena drammatica Mattia e la sorellina gemella in 3° elementare, tra i banchi di scuola, lui che risponde alle domande e fa domande all'insegnante; la sorella inizia ad urlare improvvisamente a voce alta e Mattia, costretto ad  interrompere il suo discorso, si avvicina a lei  parlandole e cercando di calmarla. Al suono della campanella gli si avvicinano dei compagni e  invitano entrambi ad una festa di compleanno. Mattia, sorride tra sé e sé, poi si volta verso la sorella, come se desiderasse per una volta svincolarsi da lei, dato che spesso gli viene richiesto di prendersene cura. Il bambino, chiederà alla propria madre di poter andare da solo, ma la madre risponderà negativamente. Mattia, prima di giungere alla festa, lascerà la sorella in un parco rassicurandola che tornerà presto a prenderla, ma al suo ritorno lei non ci sarà più.

 

Alice, nella prima scena in cui compare, guarda la televisione e pare essere totalmente immersa nella storia del cartone animato. Arriva il padre che le dà un bacio e le dice che ha preparato la colazione. Questo stesso padre poi la obbligherà a sciare in un giorno pieno di nebbia, lei avrà un incidente da cui rimarrà zoppa per tutta la vita.  Questi due episodi con le loro conseguenze, saranno il marchio impresso nelle vite di Alice e Mattia, adolescenti, giovani e  adulti.

 

La storia di Mattia e Alice viene raccontata da immagini, da continui flashback che evocano   il legame con il passato: le azioni, i comportamenti, i pensieri attuali sembrano mantenere un legame indissolubile con ciò che è stato.

 

Alice e Mattia si incontrano lungo il corridoio vuoto della scuola media, riconoscendosi nella loro sofferenza, entrambi vittime di famiglie che li hanno esposti al trauma e di genitori che sono rimasti ciechi alle loro esigenze, sordi alle loro parole e richieste.

 

Il loro vissuto, tuttavia, sembra essere sostanzialmente diverso: Alice appare rabbiosa, si sente deprivata della sua vita e sente di dover essere risarcita del trauma subito; Mattia,  sperimenta un profondo vissuto di colpa per ciò che ha commesso arrivando a sentirsi una persona orrenda. Sia Alice che Mattia arrivano a punirsi, una privandosi del nutrimento (evidente la sua eccessiva magrezza) e l'altro procurandosi dei tagli sul corpo.

 

Dietro agli eventi più evidenti (incidente di Alice e scomparsa della sorella di Mattia), sembra che i due personaggi, durante la loro infanzia, siano stati esposti a traumi continui e cumulativi  il cui esito si  evidenzia nel corso del tempo. Le figure primarie di entrambi  non hanno svolto nei loro confronti un ruolo protettivo, ma piuttosto hanno mancato di riconoscere i loro bisogni,  una  “noncuranza” verso le esigenze affettive dei figli  lasciati “soli e abbandonati a livello emozionale” come ci dice Ferenczi. Tale disconoscimento dei bisogni, ritiene Ferenczi,  può portare ad una scissione dove una parte della personalità subisce un arresto dello sviluppo emotivo che rimane embrionale mentre  la parte intellettiva può progredire enormemente  attivando capacità ed attitudini rimaste silenti fino a quel momento. Mattia molto precocemente è in grado di fornire spiegazioni scientifiche su argomenti eruditi,  aspetto messo in risalto sia nel film che nel libro: “Tutti i docenti di Mattia avevano espresso un particolare disagio, un sentimento quasi impalpabile di inadeguatezza nei confronti di questo ragazzo straordinariamente dotato, che sembrava non voler creare legami con nessuno dei suoi coetanei; (...) “Sai cos'è che mi fa rabbrividire di più? Sono tutti quei voti alti che prende. Sempre nove, dieci, sempre il massimo. C'è qualcosa di spaventoso in quei voti”.

 

Alice sembra segnata da un marchio che le impedisce di vivere e di trovare soddisfazione. Il trauma nei due personaggi ha lasciato una ferita nell'amore e nella fiducia verso se stessi; entrambi hanno ritirato gli investimenti nei confronti non solo del sé, ma anche degli oggetti, assumendo internamente una condizione di “quasi morte”, di non esistenza psichica. L'aspetto traumatico, ci insegna Ferenczi, è legato non soltanto a qualche cosa che è stato fatto, ma anche a qualche cosa che doveva essere fatto, ma non è stato fatto. Il dolore ed il bisogno del bambino non è stato accolto, ma rifiutato, negato e non riconosciuto, per questo il bambino traumatizzato, come sottolinea Borgogno, è un orfano di reverie trasformativa. A questa omissione di soccorso si aggiunge anche un'ulteriore ferita determinata dal fatto che le figure adulte da cui il bambino dipende, misconoscono e negano l'accaduto e  la loro inadempienza  facendo sentire il bambino che le ha subite responsabile e pazzo. Giordano sembra tradurre, con il seguente dialogo tra Alice e il padre, la concezione ferencziana del trauma: “A te non importa nulla se io non piaccio a nessuno” disse Alice: “Se non piacerò mai a nessuno”. Suo padre la guardò interrogativo, poi tornò alla sua cena, come se nessuno avesse parlato. “Non ti importa se mi hai rovinata per sempre” continuò Alice. L'avvocato Della Rocca rimase con la forchetta a mezz'aria. Guardò sua figlia per alcuni secondi, stravolto. “Non capisco di cosa tu stia parlando” disse con la voce un po' tremante. “Invece lo capisci benissimo” fece Alice. “Lo sai che è soltanto colpa tua se io sarò così per sempre”.

 

Mattia ed Alice, ci appaiono due persone che desiderano profondamente avvicinarsi, ma i loro vissuti mai elaborati prendono il sopravvento. In alcuni frangenti i due personaggi cercano un rapporto affettivo intenso seguito da una presa di distanza come se non potessero sostenere questa affettività, è la sua stessa intensità che li minaccia.

 

Alice adulta stravolta e sofferente si reca in un negozio di alimentari dove, per un momento, è convinta di vedere la sorella scomparsa di Mattia: le si avvicina, la chiama per nome e la presunta sorella le sorride; Alice perderà i sensi. Questo ci potrebbe far pensare che nella protagonista gli aspetti dolorosi devono essere negati e tenuti lontani dalla coscienza, il dolore non può essere pensato e comunicato per mezzo delle parole, ma trova espressione  nel e sul corpo. Dopo questo evento Alice ricercherà Mattia, che non vede da  sette lunghi anni,  spedendogli in Germania, dove lui si trova, una loro foto insieme chiedendogli di tornare subito. Lui, nel frattempo  diventato un noto ricercatore in fisica, partirà immediatamente per raggiungerla.

 

Il film termina con Alice e Mattia adulti, entrambi seduti su quella stessa panchina in quel parco in cui tutto ha avuto inizio, e lei piano piano e titubante si avvicina e con la mano tremolante tenta una carezza.

 

 

21/04/2013

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