S. Lebovici – J. McDougall. Dialogo con Sammy. Commento di Piera Ricciardi (10.01.2016)

S. Lebovici – J. McDougall. Dialogo con Sammy. Un caso di psicosi infantile 


(1960, Presses Universitaires de France, Paris. 1973, Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma.)

 

Commento di Piera Ricciardi

 

Note biografiche dell’Autrice

 

Joyce McDougall (1920-2011) è una psicoanalista neozelandese che ha a lungo vissuto e lavorato in Francia. Figlia di emigrati inglesi, ha preso la decisione di studiare psicologia. In seguito, poco più che ventenne, si è trasferita insieme al marito e ai loro due figli in Inghilterra, con il progetto di iniziare un’analisi personale e di seguire un tirocinio psicoanalitico. Giunge a Londra negli anni ’50 e qui ha modo di incontrare Anna Freud, Donald Winnicott, Robert Moody ed altri. Entra in analisi con il dottor Pratt, membro del Middle Group e inizia il tirocinio in psicoanalisi infantile presso la clinica Hampstead.  In quegli anni la McDougall frequenta anche la Tavistock clinic, acquisendo una serie di conoscenze interessanti rispetto alla teoria kleiniana, anche se l’influenza più importante sul suo pensiero  rimarrà sempre quella di Winnicott.

 

L’incontro con Lebovici e Sammy.

 

Successivamente al periodo londinese, J. McDougall si trasferisce in Francia, dove viene accettata come candidata presso l’Istituto Psicoanalitico di Parigi. Qui ha modo di conoscere Serge Lebovici, psichiatra infantile e massimo esponente dell’epoca nel campo della psicoterapia infantile a Parigi. Egli le invia un bambino americano, Sammy, arrivato in Francia insieme ai suoi genitori all’età di nove anni e mezzo. A New York il bambino e i suoi genitori sono già stati visti da Margaret Mahler, che scrive a Lebovici una relazione in cui descrive Sammy come un bambino schizofrenico “le cui funzioni intellettuali, e in particolare le capacità percettive, presentano dei disturbi solo moderati. Il suo comportamento bizzarro e intollerabile si è manifestato soprattutto in relazione ai genitori, e più recentemente nei confronti della sorella minore” (p. 22).

 

 

 

DIALOGO CON SAMMY. Un caso di psicosi infantile

 

La storia del lavoro analitico con Sammy viene pubblicata a Parigi nel 1960. Il libro presenta un resoconto dettagliato delle sedute d’analisi di questo bambino psicotico di 10 anni, che cerca in tutti i modi di comunicare alla sua analista il contenuto e i sentimenti del suo mondo interno psicotico. Spinto da questo bisogno di auto espressione, Sammy chiede alla sua analista di trascrivere parola per parola le sue fantasie e le sue storie che emergono nelle loro sedute. Tale materiale spingerà McDougall, insieme a Lebovici, supervisore del caso, a redigere il resoconto completo dell’analisi del bambino, arricchendolo con dei commenti relativi alle singole sedute. La pubblicazione di questo caso ha così posto l’attenzione sull’importante contributo della psicoanalisi alla conoscenza degli stati psicotici infantili e alla loro evoluzione. Nel caso in questione la forte angoscia del bambino costringe la terapeuta a scrivere tutto quello che il bimbo diceva, se J McDougall smetteva di farlo, Sammy l’aggrediva con atteggiamenti distruttivi e violenti. Poi, quando il piccolo paziente riesce a sopportare maggiormente l’angoscia, non chiede più di annotare sulla carta ogni parola e inizia a reclamare con insistenza le interpretazioni dell’analista, interessandosi al significato dei suoi pensieri nascosti.

 

L’analisi prosegue con una frequenza di cinque sedute a settimana, tra lo stupore dei colleghi psicoanalisti francesi di quell’epoca, abituati a vedere i bambini una volta a settimana o addirittura ogni quindici giorni. In seguito Lebovici invita McDougall a discutere il suo lavoro con Sammy in un seminario settimanale all’Istituto Psicoanalitico di Parigi e in questo modo l’Autrice si sente meno sola nell’affrontare il viaggio psicoanalitico così difficile con il suo paziente. Nonostante un quadro clinico gravemente psicotico, Sammy dopo un anno di analisi arriva a grandi cambiamenti. Quando il bambino parte per tornare negli Stati Uniti, Lebovici consiglia all’Autrice di pubblicare il caso. Sono gli anni ’60 e fin’ora in tutta la letteratura psicoanalitica non era mai stato pubblicato niente del genere;  infatti solo più tardi Melanie Klein scriverà “Analisi di un bambino”. Winnicott trova molto interessante il libro e si impegna affinché venga pubblicato anche nell’edizione inglese. In seguito la McDougall diviene il tramite attraverso cui invitare a Parigi analisti londinesi, sia kleiniani, sia seguaci di Anna Freud,  che analisti del Middle Grou, per parlare dei loro lavori. Con il caso di Sammy l’Autrice ha modo di apprendere molto sul rapporto madre-figlio e sul modo in cui esso influisce  sul pensiero psicotico.  Dopo quasi un anno il trattamento analitico con J. McDougall viene bruscamente interrotto: Sammy ritorna a New York dove viene inserito in una scuola speciale. Dopo un mese dalla sua partenza la madre, rimasta a Parigi, chiede alla McDougall di iniziare un’analisi con lei, e ciò permetterà all’Autrice di approfondire le tematiche e le causalità della problematica di Sammy.

 

 

 

Il trattamento psicoanalitico delle psicosi infantili.

 

Da un vertice più tecnico, il testo rappresenta un valido contributo alla comprensione psicoanalitica delle psicosi infantili. Il bambino psicotico è impossibilitato ad elaborare il suo fantasticare in pensieri coerenti e questo è indice della misura della gravità delle sue inibizioni. Il non poter accedere all’ordine simbolico mette in discussione l’indicazione della psicoterapia psicoanalitica e della psicoanalisi, ma come sostenuto anche da Winnicott, l’interpretare non è sufficiente in questi casi, quanto piuttosto l’accompagnare e il riparare.

 

Ciò richiede all'analista di avvicinarsi con estremo rispetto alla struttura psicotica della personalità del paziente, perché essa costituisce il solo modo in cui i pazienti come Sammy possono porsi in relazione col proprio mondo, evitando al tempo stesso i pericolo psichici di un’esplosione, di una disintegrazione e un annientamento catastrofici.L’analista che tratta un bambino psicotico non può e non deve mantenere un atteggiamento emotivo neutro, gli si chiede la capacità di accompagnare il paziente manifestando verso di lui un impulso profondamente positivo. Sammy rientra nel gruppo di bambini psicotici che manifestano stati di eccitazione motoria  e che esprimono liberamente a livello verbale molte delle loro fantasie, il che permette al terapeuta di avvicinarsi ai rapporti ambivalenti primitivi della relazione con l’oggetto materno. Inoltre, alcune forme di psicosi infantili sono mascherate da aspetti ossessivi o fobici. Sammy, descrivendo il “Viso Magico”, trova un modo per nascondere molto bene una sua angoscia fobica. Le storie del Viso Magico che inventa il bambino rivelano il suo desiderio di stabilire un rapporto con l’analista, proteggendosi allo stesso tempo dai terrori che tale desiderio gli provoca.

 

Il bambino psicotico non può comunicare al di fuori del mondo di fantasia in cui egli vive e si perde, incapace come è di avere un comportamento orientato alla realtà. La McDougall osserva come nella relazione analitica con questi pazienti il transfert permetta di esaminare nel dettaglio le loro relazioni oggettuali, caratterizzate da un massiccio impatto emotivo e da una costante infiltrazione della fantasia, soprattutto relativa ai primitivi oggetti parziali. L’analisi di Sammy è ricca di produzioni di fantasia che rivelano le sue angosce di venire spezzettato o frantumato internamente, fantasie tipiche della posizione schizo-paranoide.

 

Infine, l’Autrice riporta alcune informazioni pervenute da parte del direttore della scuola speciale frequentata da Sammy, dalle quali è possibile ricavare un’idea sulla sua evoluzione  negli anni successivi alla sua breve ma intensa esperienza di analisi.

10/01/2016

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