Di Stefano A., Messeca A., Pontrandolofo C.,Veglione I. Sai tu quante stelle sono in cielo? Commento di Fiorella Pascale Langer

“Sai tu quante stelle sono in cielo? Ninne nanna da paesi vicini e lontani”

Annamaria Di Stefano, Susanna Messeca, Caterina Pontrandolofo, Irene Veglione

Commento di Fiorella Pascale Langer

 

“Sai tu quante stelle sono in cielo? Ninne nanne da paesi vicini e lontani” è un libro creativo, interessante e piacevole. Molto curato anche nel suo aspetto grafico. In copertina brilla la “Notte stellata” di Van Gogh, all’interno è arricchito da artistiche illustrazioni che si ispirano ai testi delle canzoni, la maggior parte realizzate dalle stesse autrici. Il libro contiene inoltre un CD da cui si possono ascoltare 29 ninne nanne provenienti da paesi diversi (Russia, Stati Uniti, Bulgaria, Sicilia, Campania, Alto Adige, Grecia, Austria, Perù, canti di tradizione ebraica e Rom), tutte raccolte dalle autrici. La direzione artistica e musicale del CD è affidata a Caterina Pontrandolfo, che è anche la bella voce di tutte le canzoni e cura con la brava violinista Irene Veglione, la postfazione del libro. Quest’ultima con Giovanni Pappalardo inoltre ha scritto tutte le partiture dei canti. Un libro dunque corale come scrivono le autrici stesse e curato in ogni suo aspetto.

 

Sicuramente potrebbe essere un bel regalo “pensato” per una mamma ed un papà di un bimbo piccolo, ma sarebbe riduttivo dargli questo posto. A partire dalle ninne nanne le autrici, infatti, pensano alla relazione madre bambino, al significato ed alla funzione che questi canti svolgono e scoprono come in armonie diverse e attraverso parole di lingue lontane si ritrovino temi universali riguardanti il venire al modo, il crescere e il separarsi dalla sicurezza del materno. Mamme di varie culture cantano, hanno cantato e parlato al proprio bambino dando voce a sentimenti, rappresentazioni, bisogni simili. Le ninne nanne utilizzate, dunque, anche per percorrere il cammino opposto a quello di chi vuole erigere barriere identitarie tra i popoli.

 

Il libro nasce dall’idea e dal lavoro di Anna Maria Di Stefano, sociologa, impegnata nel lavoro e nella ricerca per le comunità Rom e di Susanna Messeca, psicoterapeuta dell’età evolutiva, socia AIPPI. Entrambe socie fondatrici dell’Associazione Lupus in fabula, si sono molto occupate all’interno di questa associazione e nei loro rispettivi ambiti di lavoro, della Fiaba popolare di tradizione orale e della possibilità di utilizzarla con bambini e adulti come strumento terapeutico, di formazione e di integrazione culturale.

 

Le ninne nanne sono molto vicine al loro ambito di interesse perché, come scrive Annamaria Di Stefano nella sua introduzione, hanno aspetti in comune con le fiabe in quanto brevi storie cantate. Esse un po’ come le fiabe narrate intorno al fuoco nelle società primitive, servono alla crescita come viene detto e spiegato nella prefazione e nelle introduzioni di questo libro. Quando la madre canta una ninna nanna soddisfa contemporaneamente il bisogno del piccolo di essere accompagnato nel passaggio dalla veglia al sonno ed il suo personale bisogno di trovare immagini che diano voce, oltre che ai suoi sentimenti amorevoli, anche alla stanchezza, ai timori, alla voglia di “liberarsi” del piccolo che la gratifica e contemporaneamente la sfinisce, l’assorbe, la mangia. Cantando la ninna nanna la madre inconsapevolmente, naturalmente potremmo dire, riesce ad esprimere in modo accettabile, attraverso le melodie dolci e rilassanti, anche gli aspetti ostili della sua relazione con il bambino. Susanna Messeca mette in luce come questi canti svolgano una sorta di funzione di reverie, sono “ involucri sonori” che, in qualche modo, contribuiscono a favorire lo sviluppo del pensiero nella madre e nel bambino dando voce e contenendo i loro bisogni.

 

Esse sono nate probabilmente dall’empatia, dall’identificazione degli adulti con il bisogno del piccolo di affrontare l’esperienza separativa che comporta l’abbandonarsi al sonno, accettando di lasciare la madre come oggetto reale a patto di poter mantenere dentro di sé la sicurezza del legame. Scrive Pierre Lafforgue, neuropsichiatra infantile e psicoanalista, ricercatore nel campo della cultura orale e della fiaba popolare, che cura la prefazione del libro: “Cadere nel sonno quando si è cullati da una ninna nanna può non essere più un aggrapparsi angoscioso e il bimbo comincia ad addormentarsi all’interno di un contenitore sonoro che è la voce materna”. Egli mette in risalto come i ritmi del cullare e i suoni calmanti dell’ambiente materno cominciano a essere, per il lattante, degli “oggetti attraenti”, che danno sicurezza: aprire e chiudere gli occhi, ascoltare e ritrovare la voce materna, sono le prime esperienze di sicurezza che il bambino comincia ad apprendere e padroneggiare”. Con la musica che ha i suoi elementi di continuità e discontinuità il piccolo è accompagnato nel bisogno di fare esperienze a tutti i livelli di pienovuoto, assentepresente, di un andare e venire prevedibili che lo preparano alla separazione psicofisica dalla madre. Quando viene cullato ascoltando il canto materno fa questa esperienza al livello sonoro.

 

Questo testo ha inoltre il pregio di tirare fuori i canti dell’infanzia dall’ambito delle pratiche scontate, trascurabili, per alcuni forse, desuete, per valorizzarne il significato profondo, la loro funzione bonificatrice. L’intento è, scrive S.Messeca “…dare un posto a questa esperienza umana nella cultura della nostra società avanzata che diviene sempre più raffinata e complessa, ma a rischio di essere sempre più distaccata dalla natura”; A. Di Stefano sottolinea: “In questa variegata raccolta la poesia del canto custodisce il senso di tante antiche lingue e culture che la modernità condannerebbe all’emarginazione o all’estinzione”.

 

Troviamo nel testo le ninne nanne raggruppate secondo dieci temi: l’addormentarsi, la comunità attorno al bambino, il bambino meraviglioso, i ricordi accanto alla culla, la fragilità del bambino, il bambino del sogno, il bambino e il dolore dei grandi, il bambino e il sacro, la presenza della natura, crescere e separarsi.

 

Il libro è aperto da una foto e si chiude con una foto (entrambe sono del fotografo Paolo Messeca). Queste sembrano avere la funzione di una cornice che racchiude lo spazio in cui, come scrive A. Di Stefano, le ninne nanne hanno potuto essere rappresentate da un punto di vista teorico, linguistico, grafico e sonoro. La foto che apre il libro è quella di una donna africana che mostra i frutti del mare come a simboleggiare il poter attingere alla fertilità della natura, quella che lo chiude è di una piccola vela che prende il largo e naviga in un mare calmo che sembra alludere alla possibilità di lasciare la terra madre per avviarsi verso il mondo.

04/07/2017

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