Alison Bechdel. Sei tu mia madre? Un'opera buffa. Commento di Chiara Mezzalama
Alison Bechdel: Sei tu mia madre? Un'opera buffa. Rizzoli Lizard
Commento di Chiara Mezzalama
È una storia sorprendente, ironica e commovente. È un fumetto. È un prontuario di scrittura. È un percorso sulla scoperta di sé attraverso la psicoanalisi. È il processo lungo e doloroso di separazione tra una figlia e una madre. È il romanzo autobiografico, una sorta di memoir a fumetti, di Alison Bechdel "Sei tu mia madre?"
Alison Bechdel è una bravissima fumettista americana, omosessuale, già nota per il precedente "Fun home" che raccontava la storia di suo padre, della sua omosessualità nascosta e del suo suicidio.
In questo nuovo libro Bechdel affronta se stessa attraverso il complesso e intricato rapporto con la madre, una donna prigioniera di un matrimonio infelice, attrice mancata e lettrice onnivora. La storia è scandita da una serie di sogni che sono altrettanti concetti chiave dell'opera dello psicoanalista e pediatra D.W. Winnicott che l'autrice scopre durante le sue due lunghe analisi ( la prima tra i 27 e i 30 anni e la seconda tra i 41 e i 46).
Questo è uno degli enormi vantaggi dello scrivere una storia a fumetti: i sogni si possono disegnare invece che raccontare. Con il disegno si può viaggiare nello spazio e nel tempo proprio come accade nel percorso analitico in cui i numerosi fili dell'esistenza vengono lentamente intrecciati per ricostruire una narrazione scomposta o spezzata a causa di un trauma o di molti microtraumi. Come dice l'analista alla sua paziente: "l'analisi non ha fretta di arrivare al fondo delle cose". Poi le chiede: "cosa c'è in lui (riferendosi a Winnicott) che ti attira tanto?" E Alison risponde : "Vorrei che lui fosse mia madre". Chiunque abbia avuto a che fare con Winnicott capisce quanto sia vera questa affermazione!
I capitoli-sogno sono i seguenti:
- una madre normalmente devota
- oggetti transizionali
- vero e falso sé
- mente
- odio
- specchio
- l'uso di un oggetto
L'autrice impara sulla sua pelle cosa significano questi concetti teorici, rendendoli vivi e si avvicina, attraverso l'esperienza analitica, ad un grande vuoto interiore che le impedisce di stabilire delle relazioni sentimentali all'interno delle quali sentirsi amata profondamente e che la porta ad essere molto insicura rispetto al suo lavoro, sebbene si tratti di un'attività creativa, costellata di successi (e che ha come corollario l'invidia per il successo altrui). Così racconta Alison alla sua terapeuta: "la mia vita è un casino, ho una storia veramente solida da otto anni ma continuo a sentirmi attratta da altre persone. Sto scrivendo un libro di ricordi sul suicidio di mio padre e per ogni frase che scrivo ne cancello due." Quanti pazienti raccontano questo vissuto…
Nel lungo percorso a zig zag attraverso la sua vita, fatto di sogni, ricordi infantili, intuizioni, letture, telefonate alla madre, frequentazioni lesbiche, sedute analitiche e vignette, Bechdel scopre aspetti nascosti della relazione primaria madre-figlia, come ad esempio la sua tendenza a compiacere una madre insoddisfatta e narcisista, negando ogni sentimento di odio o rabbia nei suoi confronti ma agendo quest’odio in adolescenza attraverso una scelta anticonformista come l'omosessualità, che la madre non accetterà mai fino in fondo.
Le sue letture di riferimento diventano Virginia Woolf e Alice Miller. La prima che riesce a sbarazzarsi della madre scrivendo il romanzo "Al faro" come racconta nel suo diario: "una volta scritto, cessai di essere ossessionata da una madre. Non ne sento più la voce, non la vedo più. Suppongo di aver fatto per me stessa ciò che gli psicoanalisti fanno per i loro pazienti, ho espresso un'emozione provata molto a lungo e nel profondo. E per esprimerla l'ho spiegata e infine seppellita."
C'è nel libro di Bechdel un fantastico disegno a tutta pagina in cui l'autrice intreccia l'itinerario di Virginia Woolf con quello del giovane dr Winnicott che si reca allo studio del suo analista James Strachey, nell'ottobre 1924 dalle parti di Tavistock Square, Londra.
Il libro di Alice Miller "Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé" parla ad Alison di un altro aspetto doloroso e complicato di sé, il senso di abbandono legato all'aver represso i propri sentimenti per assecondare un genitore, la madre, fragile e con forti componenti narcisistiche, alienandosi da sé. Oppure ricorrendo a ciò che Winnicott descrive nel saggio dal titolo "L’intelletto e il suo rapporto psiche-soma"' e che Bechdel capisce profondamente ripensando alle sue letture e ai suoi disegni infantili, ovvero che "anziché dipendere dalla madre, il bambino impara a dipendere dal proprio intelletto. È una negazione della dipendenza, una fantasia di autosufficienza.”
Nonostante la fatica che costa diventare colei o colui che si è veramente, Bechdel non si arrende fino ad arrivare a questa meravigliosa conclusione: "certo, c'è qualcosa che mia madre non mi ha dato. C'è una mancanza, un buco, un vuoto. Ma in compenso mi ha dato qualcos'altro. Qualcosa direi che vale molto, molto di più. Mi ha dato modo di uscirne".
Questo potrebbe essere il risultato di un’analisi ben riuscita.
12/03/2013