AA.VV. Le rappresentazioni nel figli delle relazioni genitoriali conflittuali. Commento di Aurora Polito (19.01.2015)

 

Le rappresentazioni nei figli delle relazioni genitoriali conflittuali e desessualizzate. Commento di Aurora Polito (15.09.2015)

 

In. Giuliana Lisa Milana  (a cura di):  Processo analitico e dinamiche familiari in psicoanalisi infantile, Franco Angeli, Milano, 2014


V. Arena, R. Bernetti, S. Falanga, S. Lanzon, M. Lembo, G.M. Mazzoncini, G. Morrone

Commento di Aurora Polito

Il filo conduttore del capitolo si svolge intorno alle teorizzazioni che guardano al buon funzionamento della coppia come elemento idoneo allo sviluppo del bambino. Lo scopo è di mettere in luce le condizioni che rendono più facile una stabilità nell'affrontare la nascita e la crescita di un figlio, per andare, poi, ad esplorare le caratteristiche di relazioni che non abbiano alla base una matura sessualità e il rispetto della propria e dell'altrui individualità.

 

Il capitolo si snoda in una seconda parte che intende mettere in luce proprio i meccanismi che prendono origine da situazioni di coppia in cui prevale la disarmonia e il disaccordo. Viene esplorato il mondo interno del bambino e dell'adolescente che cresce in famiglie con queste problematiche attraverso la presentazione di quattro casi clinici che illustrano come determinate modalità relazionali vengano introiettate dal bambino.

 

In particolare, viene sottolineata l'importanza della "creatività" della coppia, che può essere raggiunta solo grazie all'elaborazione delle proprie vicende di crescita. Le autrici mettono a confronto diversi contributi teorici, che pur muovendosi nella stessa direzione danno maggiore risalto ad aspetti differenti. Alla teoria della Klein, per la quale è fondamentale il superamento della vicenda edipica e il raggiungimento della posizione depressiva, viene aggiunta e confrontata quella di Kaës, che dà maggior rilievo al riconoscimento dell' "alterità dell'oggetto" e alla riappropriazione di un "accordo narcisistico perduto". Le autrici estendono il concetto di Winnicott parlando di "genitori sufficientemente buoni": per esser tali, essi devono prepararsi ad affrontare un'altra tappa di sviluppo nella loro vita, al confronto con un bambino diverso da quello che abita le proprie fantasie ed accettarne la separatezza. Si tratta, infatti, di una creatura in crescita, che possiede fin dall'inizio la propria individualità.

 

Un graduale cambio di prospettiva ci consente di guardare ancora questo affascinante fenomeno dal punto di vista del bambino che deve fare i conti con la coppia da cui è escluso, con uno spazio che da bidimensionale diviene tridimensionale: è l'incontro con il terzo che consente il taglio del cordone ombelicale che lo lega alla madre. Britton si sofferma sullo "spazio triangolare": per poterlo costruire, al bambino è dato l'arduo compito di accettare un legame, quello tra i genitori, che a lui appare misterioso, perché fondato sull'appartenenza ad una generazione adulta, differente dalla sua, e su una relazione sessuale di cui egli può aver solo un'idea vaga.

 

Il pensiero delle autrici si sofferma sulle svariate combinazioni che si possono ritrovare in una coppia non funzionale: un persistente invischiamento con la famiglia d'origine, il mancato o parziale superamento della situazione edipica, l'esclusione della sessualità, il prevalere della distruttività piuttosto che della creatività, sono possibilità che vanno ad incidere profondamente sull'introiezione delle relazioni da parte del bambino. Egli potrà avere delle rappresentazioni interne della relazione di coppia coerenti con ciò che vive, ma non funzionali al suo sviluppo, e questo si ripercuoterà sui processi identificatori.

 

E' proprio il dramma identificatorio il vero protagonista delle storie presentate, l'incapacità di separarsi e di strutturarsi come individuo, di acquisire una sessualità senza aver potuto interiorizzare quella della coppia genitoriale. Manifestazioni sintomatiche diverse che sottendono il medesimo tema di fondo. Leggendo di Marco, Giulio, Martina e Sara leggiamo anche dei loro genitori, comprendiamo l'importanza di quella che Kaës chiama "trasmissione transgenerazionale" e gli effetti di una funzione paterna mancante che non crea lo spazio "altro" rispetto alla diade madre-bambino.

 

Un altro aspetto comune a tutti i casi è la scotomizzazione delle emozioni, in particolare quelle di rabbia e aggressività: all'interno di una famiglia che litiga e in cui ogni componente cerca di farsi lo sgambetto; in una famiglia dove non si vede amore, può accadere che la rabbia venga considerata uno scherzo, o che si possa pensare di tenerla dentro e annullarla o, ancora, di metterla negli altri e disfarsene. Meccanismi di difesa per bloccare ciò che sarebbe insopportabile.

 

Kaës ci parla di legame e ci invita a considerarlo non solo come qualcosa che unisce, ma anche come qualcosa che consente la separazione e un vuoto da riempire tra un individuo e l'altro. Nei casi presentati il legame non è più tale, è un legame fusionale, fatto di alleanze inconsce: "i soggetti sono spariti, sono stati inglobati in un legame - non legame" (2001). Nei quattro casi, le modalità di coppia sono di elevata conflittualità caratterizzata da elementi denigratori e di subdola svalutazione dove c'è un rapporto fusionale tra madre e figlio.

 

La coppia genitoriale che Marco (otto anni) sperimenta è una coppia "fraterna" e rivale, ancora in pieno conflitto edipico. Non vi è una componente sessuale, così Marco non la può introiettare e prende il posto del padre, espulso e svalutato dalla madre. La relazione simbiotica con la madre e il fatto che il padre non sia riuscito ad assumere la sua funzione non ha reso possibile a Marco differenziarsi, separarsi dall'una e identificarsi con l'altro, con la conseguente difficoltà  di acquisire una propria identità di genere.

 

Anche in Giulio (tredici anni) ritroviamo un forte dramma identificatorio. Come accade per Marco, anche Giulio sperimenta un rapporto fusionale con la madre. Giulio sviluppa una patologia ossessivo-compulsiva, che evidenzia la portata di questa situazione in adolescenza: fantasie di contaminazione, simbolo di fantasie incestuose che renderebbero più difficile scegliere la propria identità sessuale.

 

Nel caso di Martina (tredici anni) ogni emozione viene scissa ed espulsa per svuotare di senso ogni relazione. Martina non ha sperimentato alcun contenimento da parte dei genitori, dei quali sembrerebbe solo un prolungamento narcisistico. L'introiezione di un oggetto inaffidabile e distante l'ha messa nella condizione di dover diventare grande prima del tempo, il che si è concretizzato in una pseudoadultizzazione che l'ha difesa dal dolore di non esser vista e riconosciuta.

 

Infine, incontriamo il caso di Sara (sedici anni), cresciuta solo con la madre, con la quale ha stabilito un rapporto omeostatico e simbiotico. La difficoltà di Sara è ancora una volta nella costruzione della propria identità, nello stabilire i confini tra sé e l'altro. Sara sviluppa un disturbo alimentare e ripropone con un'amica lo stesso rapporto fusionale che ha con la madre. Da ogni sua relazione il terzo è escluso.

 

Le autrici rispondono sapientemente agli interrogativi iniziali del capitolo: cosa accade quando tra i partner non c'è una relazione di coppia funzionale?

 

Proponendo una prospettiva che scende all'interno delle fantasie del bambino, la risposta sembrerebbe trovarsi nell'impossibilità di creare lo spazio tridimensionale di pensiero, uno spazio che consenta di accedere all'alterità attraverso il terzo, e di differenziarsi per poter consentire la separazione dalla diade madre-bambino. L'accesso alla risoluzione edipica è negato a causa della carenza nella funzione paterna e di quel "collegamento mancante" di cui parla Britton riferendosi alla sessualità dei genitori. Il bambino che non costruisce dentro di sé lo spazio della coppia genitoriale sessuata non sperimenta aspetti della relazione vitali e creativi, ma mortiferi e distruttivi.

 

 

19/01/2015

Centri Clinici AIPPI

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