AA.VV. Come possiamo lavorare con gli aspetti transgenerazionali? Commento di Claudia Altieri (30.03.2015)

Come possiamo lavorare con gli aspetti transgenerazionali?

 

di Donatella Fiocchi, Patrizia Gatti, Annaluisa Grossi, Elena Mauri


in G.L. Milana (a cura di), “Processo analitico e dinamiche familiari”, Franco Angeli, Milano, 2014

Commento di Claudia Altieri

L’interrogativo che viene posto al lettore in questo capitolo chiarisce in modo immediato e diretto le finalità del lavoro stesso, giacché è un invito aperto e interattivo a pensare a come applicare alla clinica il concetto di transgenerazionale. Concetto che, come sottolineano gli autori, si organizza non a partire da ciò che manca, ma da ciò che non è avvenuto, da ciò che non è stato rappresentato e che, in tal senso, permane al di fuori della coscienza. Le autrici illustrano come, mediante il lavoro analitico con le coppie di genitori di bambini o adolescenti in terapia, si possa approdare ad una trasformazione di quegli aspetti psichici inconsci trasmessi dai propri genitori che, proprio perché difficilmente pensabili, si rendono visibili nella forma di sintomi nei figli. La potenzialità trasformativa del processo che in questo modo si avvia, consente di alleviare nei genitori e nel figlio la sofferenza psichica che l’incapsulamento, frutto del gioco di proiezioni incrociate, ha prodotto. Secondo le autrici, le finalità di questo intervento mirano da un lato a far emergere le angosce individuali del proprio essere madre o padre e dall’altro a creare in ciascun genitore uno spazio mentale per la patologia del figlio, così che questa possa essere accolta e non negata. In questo senso, così come teorizzato da Kaës, il lavoro analitico con bambini o adolescenti viene a configurarsi come un intervento complesso, che deve mostrarsi capace di considerare gli effetti delle fantasie inconsce genitoriali e degli elementi transgenerazionali. L’azione proiettiva delle fantasie familiari, infatti, è alla base del modo attraverso il quale un genitore, con la complicità dell’altro, si ritrova ad assegnare al proprio figlio una parte non elaborata della propria vita psichica. Se, come illustrano le autrici, la trasmissione transgenerazionale può essere definita come la trasmissione dell’inconscio, delle sue formazioni e dei suoi processi, l’alleanza inconscia tra i due membri della coppia genitoriale diviene allora l’aspetto centrale di questo processo poiché, come ancora ricorda Kaës, si configura come “ciò che si trasmette, ciò che non si contiene, ciò che non si ricorda” e si situa al principio dei passaggi e dei legami tra gli spazi psichici.

 

Nella seconda parte del capitolo, le autrici hanno cercato di raccordare i concetti teorici illustrati in apertura con l’esperienza clinica da loro condotta e hanno così mostrato, attraverso due brevi, ma intense esemplificazioni cliniche, come elaborare gli aspetti transgenerazionali e soprattutto come essi avessero trovato nelle alleanze inconsce interne alle coppie terreno fertile di pensiero e riflessione. Il materiale clinico offre in questo senso l’opportunità immediata di notare come, per entrambe le coppie di genitori, sia stato impossibile pensare, rappresentare, le proprie esperienze infantili e come, di conseguenza, queste si siano riversate su un’area – quella della loro storia infantile – della quale nessuno di loro, fino a quel momento, aveva potuto prendere coscienza. Basti pensare alla celebre metafora della Fraiberg (1999), dei “fantasmi nella stanza dei bambini” per indicare gli “affetti infantili perduti alla coscienza ma potentemente attivi nell’inconscio dei genitori”; affetti che giocano un ruolo significativo nella perpetuazione del disagio psichico da una generazione all’altra. Grande rilevanza, così, nella conduzione di questi colloqui è stata data all’accoglienza ed alla comprensione nel controtransfert di queste parti scisse, infantili dei genitori. Sottile e attento è stato in questo senso il lavoro di scomposizione delle potenti alleanze inconsce che i genitori avevano eretto come difese all’esplorazione dei loro aspetti più inconsapevoli, nel tentativo di cogliere la relazione intercorrente tra ciò che Kaës ha definito “la singolarità” dello spazio psichico individuale e la realtà “comune e condivisa” con l’altro membro della coppia; ovvero tra la storia personale di ciascun individuo – con le sue identificazioni, relazioni oggettuali e dinamiche inconsce – e le parti che uniscono gli individui in un legame o in un’alleanza silenziosamente condivisa. Per questi genitori è stato quindi possibile riappropriarsi dei propri elementi individuali e separarli da quegli aspetti comuni e condivisi che cementavano inconsapevolmente le loro unioni, potendo alla fine cogliere e fare proprie le differenze di ognuno di loro ed avviarsi così verso un autentico processo di soggettivazione.

 

Questo lavoro rivela il crescente interesse che la teoria e la clinica psicoanalitica hanno iniziato a rivolgere alle dinamiche transgenerazionali presenti nel funzionamento mentale dei nuclei familiari. Interesse che reca con sé, come ricorda la Nicolò (1996), uno spostamento radicale della lente osservativa da una dimensione intrapsichica allo studio dei rapporti tra l’intrapsichico e l’interpersonale. Parlaredi aspetti transgenerazionali significa affrontare temi solitamente guardati con prudenza dalla psicoanalisi classica, quali quello della realtà esterna, del contesto, delle interazioni tra le persone – tutti richiamati dal concetto di interpersonale – ma, altresì, riprendere concetti invece cari a tale visione, quali quello di identificazione, proiezione, rimozione e rivederli in una luce nuova. La dimensione interpersonale entro la quale le dinamiche transgenerazionali si collocano, si configura come il punto di incontro di due vettori che conducono uno al passato del soggetto e ancor prima alle sue origini, alla storia dei suoi genitori e di altre famiglie prima della sua, l’altro al funzionamento nel qui ed ora della famiglia, al rapporto esistente tra le persone nel campo. E’ in questo senso, dunque, che Kaës (1993) opera una distinzione tra una trasmissione transpsichica ed una intersoggettiva, illustrando chiaramente che ciò che viene trasmesso tra i soggetti non è identificabile con ciò che invece viene trasmesso “attraverso” di essi. La trasmissione transpsichica non presuppone la presenza di spazi intersoggettivi e l’esistenza quindi dell’esperienza di separazione e può spiegare fenomeni quali l’induzione o la suggestione, mentre è la trasmissione interpsichica, che trova nella famiglia il suo spazio originario, a poter rendere conto dei fenomeni di trasmissione transgenerazionale.

 

Il trans-generazionale rende ragione del processo inconscio attraverso il quale un individuo entra in contatto con un’esperienza del suo passato familiare da lui non vissuta ed estranea alla sua coscienza; una sorta di eredità inconsapevole di eventi traumatici rifiutati o negati da coloro che li hanno vissuti, che si sedimentano progressivamente nella psiche dei discendenti. Abraham e Torok (1972) hanno descritto questi luoghi della mente come delle “cripte” che accolgono al loro interno fantasmi, oggetti grezzi, enigmatici, bizzarri, impensabili ed indicibili, dei depositi di elementi beta o scarti di funzioni alfa abortite sul nascere.

 

Nell’articolo in esame, le autrici sottolineano il peso delle fantasie inconsce genitoriali, delle dinamiche proiettive, il ruolo che tali elementi possono giocare nell’insorgenza dei sintomi nei figli e, a seguire, la loro ricaduta sui genitori. Il concetto di transgenerazionalità apre una riflessione circa il funzionamento psichico individuale e familiare e porta altresì avanti il delicato compito di raccordare – in un certo senso – il vecchio ed il nuovo, nel tentativo costante di appropriazione consapevole e rielaborazione di ciò che ha costituito le basi fondanti del pensiero psicoanalitico. E, oltre ciò, evitare di incappare in una linearità semplificatoria nella comprensione dei fenomeni clinici che porterebbe ad attribuire sempre all’esterno eventuali impasse individuali e, come ricorda Baranes (1993), ad infiltrare “ciò che diventa processo intentato ... alle generazioni precedenti piuttosto che assunzione dell’estraneo intimo in ciascuno”.

 

BIBLIOGRAFIA

 

Baranes J.J. ( 1993) Diventare se stessi: vicissitudini e statuto del transgenerazionale. In: Kaes R. et al. (2005), Trasmissione della vita psichica tra generazioni, Borla, Roma (2005)

 

Faimberg H., (1985), Il télescopage delle generazioni, in Kaës R. et al. (1995), Trasmissione della vita psichica tra generazioni, Borla, Roma (2005)

 

Fraiberg S. (1999). Il sostegno allo sviluppo. Raffaello Cortina, Milano

 

Kaës R. (1993) Il soggetto dell’eredità, in Kaës R. et al. (1995), Trasmissione della vita psichica tra generazioni, Borla, Roma (2005)

 

Kaës R., Faimberg H., Enriquez  M., Baranes J. (1995), Trasmissione della vita psichica, Borla, Roma (2005)

 

Nicolò Corigliano, A.M. (1996), Il transgenerazionale tra mito e segreto, Interazioni 1, 1996, Franco Angeli, Milano

30/03/2015

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