A. Piontelli: Gemelli nel mondo. Recensione di Emanuela Abballe

Alessandra Piontelli: Gemelli nel mondo.

 

Raffaello Cortina Editore, 2012

 

Commento di Emanuela Abballe

 

Sfruttamento pornografico, spettacolarizzazione folkloristica, cerimonie religiose, credenze mistiche, pedofilia, aborto selettivo, infanticidio. In questo saggio, Alessandra Piontelli, riportando le sue numerose esperienze e osservazioni in Paesi lontani, coinvolge il lettore aiutandolo ad addentrarsi in un mondo tanto misterioso quanto affascinante come quello dei gemelli. Lo induce soprattutto a porsi una serie di interrogativi, sulla natura umana e sulla gravidanza, mettendolo a confronto con una serie di realtà, così lontane e, spesso, inaccettabili. Questo saggio è, infatti, una ricognizione sulle fantasie che i gemelli suscitano in tutto il mondo, a volte con esiti piacevoli, altre volte grotteschi, altre ancora addirittura drammatici. Se infatti, nell’occidente medicalizzato e sviluppato, l’incidenza statistica delle nascite gemellari si è, negli ultimi anni, notevolmente incrementata, soprattutto grazie alle cure per la fertilità con reazioni materne spesso opposte tra loro, “divise” tra euforia/idealizzazione e rabbia/disperazione, nelle zone del Togo e del Benin, in Africa centrale, così come in Camerun, i gemelli vengono onorati come fossero divinità, tanta da figurare anche nella moneta locale. La “divinità” è conferita loro dall’idea che posseggano un’anima unica (da non separare neanche dopo la morte di uno dei due) e ciò dipenderebbe dall’esperienza di gravidanza “in comune”, ma soprattutto dalla condivisione della placenta, considerata sacra. Così, anche le mamme di gemelli finiscono per godere di un prestigio particolare. Ma questi gemelli, ritenuti “superiori” vengono, di fatto, isolati dal resto del mondo, omaggiati di doni ma non di affetto, calore e comprensione. Tutti si relazionano a loro come se fossero effigi e “i loro stessi cuori sono induriti e pietrificati”. In altre zone del mondo, invece, la nascita di gemelli sembra suscitare reazioni tutt’altro che gioiose. In Etiopia e nelle Filippine, vengono uccisi alla nascita, perché considerati come “un doppio fardello”. In altre zone, invece, le coppie di gemelle vengono truccate e vestite in maniera provocante, esibite ed indotte a lavorare nei bordelli, considerate dalla famiglia come un “mezzo” per poter guadagnare. Del resto, anche le idee sulla sessualità tra i gemelli acquiscono, in diverse parti del mondo, significati inquietanti, tanto da spingere le popolazioni di Bali a ritenere che i gemelli possano fare sesso già nell’utero mentre in Nuova Guinea si considera pressoché normale l’incesto tra gemelli maschi. In Madagascar e in Paraguay, alcuni gruppi etnici uccidono i gemelli per motivi di superstizione e anche le loro mamme, considerate “contaminate”, vengono escluse dalla società. Nella Guinea-Bissau, una piccola nazione dell’Africa occidentale, i gemelli vengono utilizzati come animali da sacrificio, per ottenere la benevolenza degli spiriti malvagi; molti di loro, prima della morte, vengono sottoposti ad atrocità, come stupri di gruppo. Il ruolo dei gemelli è, quindi, quello di capro espiatorio, eliminati per potersi “liberare” da ogni peccato e da ogni malvagità. L’esperienza di ostetrica e di studiosa della vita intrauterina, unitamente a quella di psichiatra e di antropologa, nonché l’aver lavorato presso la Tavistock Clinic, “nutrendosi” dell’influenza di Ester Bick, hanno consentito alla Piontelli di “trasmettere” anche al lettore le sue doti di osservatrice partecipante, con grande attenzione e sensibilità rispetto alle abitudini e alle culture delle diverse popolazioni incontrate. Attraverso il confronto con la differenza, questo saggio aiuta a cogliere il ruolo della cultura, del mito, della religione, nell’esperienza della gravidanza e della gemellarità, in particolare, svelandoci alcuni dei fantasmi presenti nelle culture primitive. “Avvicinandoci” all’altro, e superando spesso anche il senso di distacco e smarrimento rispetto a pratiche e credenze da noi troppo lontane, aiuta, in parte, a superare l’angoscia rispetto all’estraneo. La scoperta del “diverso” è, infatti, qualcosa di affascinante ma, al tempo stesso, anche perturbante; il lettore non può fare a meno di provare ritrosia e condanna verso alcune pratiche: gemelli privati delle loro madri, venduti, sfruttati, costretti alla prostituzione o, addirittura, uccisi, perché di sesso femminile o perché ritenuti gracili, poco “utili”, eccessivamente gravosi sulla famiglia o portatori di malvagità. Tutto questo aiuta a mettere completamente in discussione concetti da noi ritenuti naturali nonché idee preconcette, in primis quello di amore ed istinto materno, legame fraterno, gravidanza. Ma aiuta anche a riflettere sul disagio sociale delle giovani madri, spinte all’abbandono dei propri figli o, peggio ancora, all’infanticidio, solo per il timore di essere escluse dalla comunità, di essere considerate “infette”. La Piontelli, a tal proposito, riporta alla mente il concetto di “identificazione con l’aggressore”, quale meccanismo di difesa introdotto da Anna Freud; per proteggere sé stesse da situazioni di estrema violenza, queste donne finiscono per colludere con la società, vittimizzando i propri figli, abbandonandoli o uccidendoli. “Anche l’amore materno, che è considerato il legame più sacro di tutti, può spezzarsi quando è la pressione sociale a imporlo”, scrive la Piontelli. Alla luce delle conoscenze di cui oggi disponiamo (gli studi di Spitz, Bowlby, Winnicott, tra gli altri), è immediato per il lettore focalizzarsi sulle conseguenze che, nei casi di gemelli mantenuti in vita ma abbandonati dalle proprie madri, possono derivare da una tale deprivazione affettiva. Ma l’autrice stessa ci aiuta a porci alcuni interrogativi aggiuntivi. Come biasimare, in queste giovani donne, il timore di essere emarginate e abbandonate dalla società? Come non provare comprensione per il loro desiderio di attività sessuale, unica fonte di piacere in una vita così aspra e difficile, che non offre neanche la possibilità di ricorrere a metodi contraccettivi e le espone, quindi, continuamente a nuove gravidanze? Come non accettare la paura, di queste donne, rispetto ad una gravidanza che, nei loro Paesi, è spesso sinonimo di pericolo di vita (soprattutto se gemellare)? Come non accettare il timore di queste popolazioni, che, in assenza di adeguati mezzi e conoscenze mediche e posti di fronte a gemelli spesso prematuri o con complicazioni fisiche, finiscono per considerarli come “simbolo” di malvagità, come spiriti maligni? Leggendo le pagine della Piontelli e, in particolare, soffermandosi sulle sue conclusioni, si comprende come, in realtà, il mondo dei gemelli sia fortemente imperniato su una serie di vissuti, di emozioni, spesso dirompenti, sicuramente più forti rispetto ad una gravidanza normale. Troviamo, così, le ansie e i sensi di colpa, di mamme che, uscite dalla visione “idealizzata” della gravidanza, si trovano a dover gestire una vita tutt’altro che idilliaca, ma anzi piena di difficoltà. Troviamo la paura. Infine, sottolinea la scrittrice, troviamo l’invidia, definita dalla Klein come “un sentimento di rabbia, perché un’altra persona possiede qualcosa che desideriamo”. In questo caso, l’impulso invidioso sarebbe diretto verso un legame, quello gemellare appunto, universalmente idealizzato, considerato come perfetto, eterno, speciale. Credo che queste riflessioni stimolate dalla scrittrice, unitamente alle parole di Elisabeth Badinter che la Piontelli ha scelto di riportare (“l’amore materno non è una certezza, ma un dono. Come ogni sentimento umano è incerto, fragile e imperfetto”) potranno aiutare il lettore a sospendere il proprio giudizio e ad entrare, invece, in sintonia con la sofferenza e la realtà di queste madri.

25/05/2012

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