Il setting ai tempi del coronavirus. Di E.Bellagamba e A.Martini

 

Il setting ai tempi del coronavirus

 

A cura di Elisabetta Bellagamba, Psicologa Psicoterapeuta AIPPI e Alessio Martini, Psicologo, Psicoterapeuta dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia (modello Tavistock) in formazione

 

 

La pandemia COVID-19 ha comportato importanti conseguenze nella vita di ogni persona e nello specifico del nostro lavoro ha condotto ad un cambio, repentino, di setting passando dalla modalità in presenza alla modalità online. Tali modificazioni si sono rese necessarie al fine di proseguire le terapie e poter preservare il lavoro terapeutico in una situazione di precarietà ed incertezza. Ritengo, tuttavia, che tale passaggio che, come terapeuti siamo stati costretti ad effettuare, possa aiutare a sviluppare riflessioni critiche e nuove problematizzazioni inerenti al setting.

Qualsiasi riflessione sul cambiamento di setting non può non tener conto delle trasformazioni in atto nella società nella quale l’evento pandemico si è inserito poiché possiamo notare come tale emergenza abbia, di fatto, portato ad un’accelerazione dei cambiamenti già in atto da tempo. Non possiamo non ampliare la riflessione alle nuove tecnologie ed alla realtà virtuale poiché è grazie a tali strumenti che avviene l’incontro terapeutico in questo periodo. Occorre tenere presente che se scegliamo strumenti nuovi dobbiamo conoscere non solo la natura, ma anche sapere come questi strumenti modificano la presenza.

L’epoca contemporanea è uno dei periodi storici caratterizzato da un profondo mutamento sociale. Si è assistito al passaggio da una società moderna ad una società definita post-moderna caratterizzata dalla mancanza di punti di riferimento stabili e duraturi, nonché, da una profonda crisi delle identità e dei ruoli tradizionali. Accanto a tali mutamenti si inserisce anche la rivoluzione digitale che ha con le nuove tecnologie un’influenza sull’uomo tale per cui si parla di nativi ed immigrati digitali.

Come qualsiasi progresso, anche quello digitale, porta con sé sia possibilità nuove che inedite sfide che è necessario non solo comprendere, ma anche valutare.

Grazie ai dispositivi digitali è possibile accedere a quella che viene denominata realtà virtuale. Tale espressione che mette insieme due termini che possono apparire contrapposti richiama la complessità e le differenti posizioni interpretative sul tema del virtuale. Il virtuale, riprendendo Levy, non è contrapposto al reale, ma è un modo generativo di essere che apre alla possibilità di nuovi processi di creazione. In tale accezione possiamo concepire il virtuale come uno spazio transizionale che si pone tra la realtà concreta e la realtà immaginaria. Pertanto, lo spazio virtuale può configurarsi come uno spazio vivo e generativo se viene concepito dal soggetto come un luogo in cui sono possibili «abbozzi di pensiero».

In virtù di questo, le tecnologie digitali essendo gli strumenti attraverso i quali è possibile accedere alla realtà virtuale, possono essere utilizzati come oggetti transizionali, ma nel caso in cui si siano verificate delle difficoltà in quest’area, l’oggetto transizionale viene sostituito da un oggetto transitorio al quale viene richiesto di svolgere la funzione di riempire i vuoti dell’Io.

All’interno di tale contesto societario, dove si è assistito al passaggio da un’epoca edipica ad un’epoca narcisistica, si inserisce l’evento pandemico che porta ad un inasprimento del senso di precarietà già presente nella società. Tali cambiamenti nella società entrano anche nelle stanze di terapia. Infatti, con l’avvento delle nuove tecnologie, nel nostro lavoro come terapeuti dell’età evolutiva ci siamo accorti che, sempre più spesso, i bambini e, soprattutto, gli adolescenti scelgono di comunicare con noi attraverso le tecnologie digitali con l’utilizzo di internet, dei videogiochi, nonché mostrandoci le pagine che li rappresentano nei social. Noi terapeuti dobbiamo confrontarci con tali nuovi oggetti che entrano nella scena terapeutica e frequentemente, tali strumenti diventano espressione del loro mondo interno essendo concepiti come mediatori per poter raggiungere il paziente nel luogo dove lui si trova. L’entrata dello strumento tecnologico nelle terapie ci porta ad interrogarci sulla questione del setting; ed è noto come nel lavoro con i bambini e con gli adolescenti il setting richieda una flessibilità ed un continuo adattamento ed è opportuno poter far affidamento, in modo maggiore, alla stabilità interna del setting presente nella mente del terapeuta.

Nel momento contingente lo strumento tecnologico, non è più lo strumento che entra dentro la stanza, ma è lo strumento grazie al quale è possibile mantenere la continuità del legame permettendo un adattamento ed una modulazione del setting alla precarità della situazione. Se prima della pandemia, tutto questo era chiaro, adesso le norme di restrizione hanno portato ognuno di noi a confrontarsi con questi nuovi strumenti inserendoli nel setting. Risulta evidente come sia fondamentale sviluppare una riflessione oculata che tenga conto sia delle ricerche inerenti alla comunicazione mediata da computer e di come essa si differenzi dalla comunicazione vis à vis che degli studi presenti nei vari settori disciplinari con il fine di creare una visione che tenga conto di vari vertici osservativi.

In questo momento occorre, più che mai, armarsi della capacità di perseverare nelle incertezze attraverso i misteri e i dubbi, senza lasciarsi andare a un’agitata ricerca di fatti e ragioni. Infatti, le posizioni che troviamo nella letteratura esistente in merito alla teleanalisi sono discordanti, in quanto alcuni studiosi asseriscono che non è possibile una comunicazione inconscia e, pertanto, il transfert non può essere analizzato per contro altri autori invocano l’utilità delle nuove tecnologie, in quanto la maggior separazione fisica può facilitare l’accesso a fantasie che in presenza non verrebbero fuori ,faciltando anche esperienze di transfert-controtransfert.

Da ciò si evince come uno dei molti interrogativi da porsi è se anche il setting, trasponendo la teorizzazione di Bauman, rischia di trasformarsi da una cornice “solida” ad una cornice eccessivamente flessibile da poter risultare “liquida”, intendo con ciò che alcuni aspetti fondamentali del setting possano nel passaggio alla modalità online subire una trasformazione tale per cui il processo che si dispiega al suo interno subisca delle variazioni anche nei livelli di profondità a cui il processo stesso ha accesso. Pertanto occorre riflettere se è necessario in vista di questo cambiamento ripensare ad alcuni elementi del setting del metodo tradizionale valutando quali di questi rimangono invariati e quali si modificano con il fine di rendere la cornice maggiormente adatta al quadro.

Il setting può essere concepito come la somma di tutti i particolari della tecnica all'interno della situazione psicoanalitica e, pertanto, corrisponderebbe alle costanti del fenomeno. Il setting, in base a tale accezione, include il ruolo dell’analista, l’insieme dei fattori spazio-temporali e parte della tecnica come il mantenimento degli orari, del luogo, l’onorario e le pause regolate. Il setting essendo una costante è decisivo per i fenomeni del processo pertanto rappresenta una metacondotta dal quale dipendono i fenomeni stessi e, solitamente, rimane da sfondo, ma in specifiche situazioni si trasforma in figura come è accaduto nell’emergenza coronavirus.

Il setting è costituito anche da una matrice attiva che concerne lo stato mentale del terapeuta necessario per compiere il lavoro analitico come l’ascolto e l’attenzione libera fluttuante, l’atteggiamento di benevola neutralità che accoppiandosi con le libere associazioni del paziente danno avvio alla formazione della coppia dialogica in cui l’analisi si radica.

Riflettendo su questo ultimo aspetto occorre chiedersi come le tecnologie digitali influiscano sul setting interno del terapeuta essendo note le ricerche svolte, ad esempio, dalla Turkle, e da molti altri studiosi, che mettono in luce come i dispositivi digitali apportino un tipo di funzionamento mentale diverso da quello in presenza come disattenzione, difficoltà di memoria ed incoraggino il multitasking. Questo può portare a due diverse e contrapposte modalità di cui occorre tenere conto: un’eccessiva concentrazione rimando “attaccati” allo schermo o, per contro, un’attenzione “distolta” che può portare il terapeuta a lasciarsi fluire in altre attività.

Un altro problema di cui occorre tenere conto è che nella modalità online è possibile conoscere il mondo personale del paziente e vedere i luoghi abitati. Tali elementi di conoscenza possono in qualche modo saturare la creazione di un terzo spazio condiviso dalla coppia paziente e terapeuta?

Un elemento importante del setting che subisce una profonda mutazione è il luogo fisico in cui il processo si dispiega, non ci sono più due persone che parlano dentro ad una stessa stanza, ma piuttosto due persone che si trovano in due luoghi diversi che parlano attraverso uno schermo. Oramai, sappiamo quanto il luogo svolga la funzione di ambiente facilitante e nelle terapie online tale aspetto viene completamente delegato al paziente a cui viene richiesto di crearsi un ambiente privato, intimo e riservato chiedendogli una certa responsabilità. La necessità che tocchi al paziente di mantenere i confini di sicurezza e pensare alle proprie esigenze di contenimento si profila come un grosso cambiamento di un aspetto del setting.

Come è noto la continuità e regolarità nel setting svolgono un’azione silente sull’organizzazione mentale primitiva riuscire a mantenere il medesimo giorno ed orario è un aspetto strutturante.

In questa specifica situazione mondiale di precarietà una difficoltà che si è presentificata, ma che non è una caratteristica della modalità online, è che alcuni pazienti per sopraggiunte nuove necessità di privacy hanno fatto in modo di poter cambiare giorno ed orario che in alcune terapie con bambini ed adolescenti viene continuamente rimodulato di settimana in settimana a causa di esigenze della realtà come le videolezioni scolastiche che subiscono una variazione settimanale. Questo sicuramente ha creato una maggior difficoltà nel creare stabilità rendendo i confini del setting molto più elastici e fluidi.

Una delle funzioni del setting è quella di permettere che il processo si dispieghi cogliendo le comunicazioni inconsce che avvengono nel campo analitico-digitale. Dall’esperienza di questo passaggio ho potuto intravedere quanto il processo avviato nella stanza di terapia continua a prendere forma e svilupparsi nell’online; tuttavia, tali terapie hanno una base di legame nella “reale realtà” da cui partono e si appoggiano con la relativa introiezione da parte del paziente del setting. Quello su cui è necessario riflettere è se le terapie circoscritte alla realtà virtuale presentano, con i dovuti aggiustamenti del setting, le medesime possibilità o possibilità equiparabili alla terapia in presenza.

Non si può negare che tali trasformazioni, con il tempo, essendo in atto una metamorfosi socio-culturale, entreranno ed influenzeranno la pratica terapeutica analiticamente orientata, altrimenti il rischio è di prendere una distanza eccessiva dalla riflessione su tali strumenti che blocca la costruzione di un pensiero binoculare sulle loro conseguenze.

Nel corso del movimento psicoanalitico sempre si sono svolti dibattiti sull’identità della psicoanalisi e la sua specificità, vale a dire cosa è la psicoanalisi e cosa non lo è ed anche riflessioni sugli accorgimenti tecnici che rendono possibile il lavoro psicoanalitico. Avendo fiducia nella psicoanalisi come teoria e come metodo terapeutico possiamo tentare di pensare a degli accorgimenti e cambiamenti che possono mallearsi alla realtà online senza snaturare il metodo stesso. Infatti, le teorizzazioni dovrebbero essere concepite come un tentativo provvisorio e parziale di interpretare gli elementi operativi e le valenze trasformative della prossimità specifica della situazione psicoanalitica e del dialogo che in essa si svolge.

La riflessione da portare avanti, pertanto, è come integrare la modalità online nella nostra pratica senza perdere i parametri essenziali propri del nostro metodo facendo un attento esame delle implicazioni terapeutiche. Per fare ciò è necessario, in parte, assimilare tali novità per inquadrarle adeguatamente concentrandosi su domande fondamentali: cosa succede quando pratichiamo un trattamento online? Come funziona? Quali sono i suoi usi e quali i suoi limiti? Cosa ci si perde e cosa ci si guadagna? Quali sono gli elementi distintivi del campo digitale? Quale effetto ha sull’intimità della relazione la riduzione della comunicazione non verbale implicita?

10/05/2020

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