La Comunità Terapeutica di Roberto Quintiliani

La Comunità Terapeutica

 

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore


Cos’è una Comunità Terapeutica? Cosa prevede il programma terapeutico di queste strutture? Si possono riprendere studi o lavoro durante la permanenza in Comunità? Quanto tempo vi si deve trascorrere? Una volta concluso il percorso terapeutico cosa accade? Come fare per entrare in una Comunità Terapeutica? Cos'è una Comunità Terapeutica? Dal punto di vista legale, secondo la vigente normativa sanitaria, la Comunità Psico-Socio-Terapeutica è una tipologia di presidio sanitario residenziale extraospedaliero, alternativo cioè al ricovero ospedaliero, rivolta a persone che hanno un disagio psicologico importante. Si tratta quindi di strutture che non devono essere confuse con le comunità per il recupero dei tossicodipendenti o per gli interventi riabilitativi di persone con handicap fisico. La terapia di comunità si colloca in uno spazio intermedio tra l'istituzione ospedaliera e quella familiare e si basa sull’erogazione di prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione. Si rivolge in particolare a quei ragazzi che hanno avuto nel corso della loro vita dei blocchi evolutivi in seguito ai quali la vita scolastica, lavorativa e familiare è diventata particolarmente problematica. Vi accedono quindi persone per le quali le ASL richiedono un programma di cura e di riabilitazione finalizzato ad un cambiamento, che siano in grado di gestire il quotidiano e che non abbiano eccessive difficoltà nel relazionarsi. Per quanto possibile, le tipologie di intervento sono raggruppate per programmi affini a cui accedono persone distinte per previsione di esito, per fasce di età e per complessità della problematica personale. Cosa prevede il programma terapeutico di queste strutture? I programmi terapeutici delle comunità sono articolati e modulati sui bisogni delle persone che ne usufruiscono. Al programma di base comune a tutte le comunità si aggiungono i programmi relativi alle singole comunità. Tutti i programmi sono autogestiti dagli operatori addetti all'assistenza terapeutica alla persona, unitamente ai loro affidati in cura: gestione della casa, degli spazi personali, della persona, ecc. Queste attività, distribuite nell'arco della giornata, occupano soltanto una parte del tempo a disposizione. L'altra parte del tempo, la più consistente, è dedicata alle attività terapeutiche ad orientamento psicologico e psicoterapico, individuali e di gruppo. Una terza parte è dedicata alle attività artistiche/creative e ludico-sportive. I tempi di relax e di riposo completano la giornata. I tempi morti, non significativi, a differenza di quanto avviene negli ospedali e nelle cliniche psichiatriche, sono occasionali e marginali. Gli interventi terapeutici e riabilitativi si misurano non tanto e non soltanto nella quantità, ma nella loro qualità intrinseca e nella possibilità della loro integrazione con tutti gli aspetti della vita comunitaria e costituiscono un insieme di azioni terapeutiche significative legate tra loro dalla presenza continua di osservatori che ne colgono il significato profondo e lo riportano all’elaborazione e all’integrazione dei momenti di confronto collettivo, operativo e dinamico. Viene allora data particolare attenzione alla relazione e alle interazioni sia degli ospiti tra di loro che con gli operatori. Questi ultimi hanno una formazione specifica altamente qualificata che permette loro di contribuire a rendere terapeutico il quotidiano della comunità. Si possono riprendere studi o lavoro durante la permanenza in Comunità? I programmi delle comunità terapeutiche tendono alla riacquisizione delle capacità non aggredite dalla malattia. In questa ottica, spesso si avviano o si riavviano programmi di studio o di piccola professionalizzazione; con l’aiuto degli operatori spesso è possibile riavvicinarsi al mondo del lavoro o riprendere gli studi là dove erano stati interrotti o si possono frequentare corsi regionali che possono permettere di entrare nel mondo del lavoro. La comunità non ha però la competenza specifica delle agenzie sociali che svolgono questa funzione. Queste Agenzie Sociali sono invece in contatto con i Servizi Sociali della ASL. Per questo è necessario mantenere il contatto con il Servizio di Salute Mentale di provenienza anche quando si è usciti dai programmi della comunità. Quanto tempo vi si deve trascorrere? I tempi della cura in comunità sono direttamente proporzionali ai tempi della sofferenza psichica precedente all’ingresso. Più lungo è stato il periodo di sofferenza prima dell'ingresso in comunità e più lungo è il tempo di recupero. Più profonde sono le ferite inferte dall’inefficacia delle cure nel periodo precedente l'ingresso in comunità, più difficile sarà recuperare l'invalidità che il periodo di sofferenza ha causato. La sofferenza psichica presa agli esordi ha un esito favorevole e la Comunità Terapeutica dovrebbe essere una prima scelta e non l’ultima spiaggia come purtroppo spesso accade. Il disagio psicologico grave, se si cronicizza, consente spesso solo recuperi parziali: in questo caso non si può fare altro che lavorare per stabilizzare la situazione ed evitare esiti degenerativi ancora più invalidanti. Generalmente i tempi di cura nella Comunità Terapeutica sono nell’ordine di due o più anni e dipendono sia dalle normative regionali che ne fissano il limite massimo, sia dagli obiettivi che assistito ed équipe terapeutica si pongono. Una volta concluso il percorso terapeutico cosa accade? Se la terapia fa il suo corso, ciò che ci si deve aspettare è quanto previsto nel progetto terapeutico, ossia: il recupero, più o meno completo, degli esiti negativi invalidanti e la risoluzione o comunque l’attenuazione del dolore psicologico; il contenimento di eventuali esiti degenerativi invalidanti; il rientro in famiglia; il rientro sul territorio; il rientro protetto in strutture residenziali tipo casa famiglia o gruppo appartamento qualora ci sia bisogno di continuare il programma terapeutico nell’ambito di una gradualità dei tempi di reinserimento in una vita autonoma e indipendente; Avere chiaro il possibile obiettivo su cui mirare permette di rendere più efficace il processo di cura ed evita illusioni e possibili dolorose disillusioni. Per questo motivo il primo contatto e i colloqui clinici di valutazione che preludono all'ingresso sono di fondamentale importanza. Come fare per entrare in una Comunità Terapeutica? Bisogna innanzi tutto precisare che in Italia il diritto alla cura è sancito dalla Costituzione. Il diritto alla cura, perché sia reale, comporta il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura. In psichiatria il diritto alla libera scelta del luogo di cura è stato confermato da varie leggi, ma purtroppo non sempre questo viene rispettato. In particolare è importante sapere che nelle comunità terapeutiche gli inserimenti avvengono con il consenso dell’assistito e con il parere favorevole dell’equipe del Servizio di Salute Mentale competente per territorio. Questo significa che bisogna essere un assistito della ASL per usufruire del servizio. Coloro che desiderano essere curati in comunità devono operare affinché il Servizio, attraverso il referente psichiatrico curante, sia convinto dell'utilità della cura in ambiente comunitario e provveda di conseguenza per l'inserimento. Le rette sono stabilite dalla Regione di appartenenza e sono a loro carico: occorre quindi informarsi presso i Servizi Dipartimentali di Salute Mentale della ASL. Infine, per le situazioni di urgenza, è utile sapere che la Legge di riforma psichiatrica vieta i Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO) nei Servizi e presidi sanitari extraospedalieri come le comunità terapeutiche. I ricoveri di urgenza, coatti o disposti dalle Autorità sanitarie, devono avvenire nei Servizi Psichiatrici Ospedalieri o nelle Strutture autorizzate. Nelle comunità terapeutiche non si fanno ricoveri ma inserimenti volontari. La "convinzione" non può essere imposta: le equipe del Servizio inviante e quelle delle comunità operano in sintonia e in appoggio alla famiglia e al ragazzo, per spiegare e far comprendere la necessità ma anche l'utilità di una separazione temporanea laddove questa risulti particolarmente difficile. A cura di Roberto Quintiliani Psicologo, Psicoterapeuta Socio ordinario AIPPI Direttore di Programma della Comunità terapeutica Reverie Rubrica a cura di Bianca Micanzi Ravagli Membro didatta AIPPI Redazione di Richard & Piggle © Il Pensiero Scientifico Editore Per approfondimenti e per consultare altri argomenti visitare la categoria Psicologia e Psicoterapia in Yahoo!Salute http://salute.yahoo.it

04/07/2007

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