Il “lockdown della terapia con i bambini”. Alcune riflessioni. Di Berardi, Cardarelli, Iezzi, Trumello

 

 

Il “lockdown della terapia con i bambini”. Alcune riflessioni

Di Maria Grazia Berardi, Barbara Cardarelli, Margherita Iezzi, Carmen Trumello

 

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Il disegno di una bambina di 10 anni.[1]

 

Era l’11 marzo quando l’organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia da Coronavirus (OMS, 2020) [2] e, nello stesso giorno, in Italia il Decreto del Presidente del Consiglio stabiliva ufficialmente l’inizio del lockdown [3]. Così, dall’oggi al domani, abbiamo chiuso la porta dei nostri studi e abbiamo dovuto inventarci un nuovo “spazio terapeutico” con contorni non più fisici, ma virtuali. Nel corso delle settimane, mentre tutti noi cercavamo di prendere contatto con queste nuove modalità di svolgere la terapia, numerose sono state le riflessioni degli psicoanalisti sui siti delle Associazioni di Psicoanalisi e di Psicoterapia per bambini e adolescenti o sui mass media circa le difficoltà di questo nuovo modo di lavorare prendendo in considerazione diversi aspetti: il nuovo setting, il transfert, la nuova componente spazio-temporale, e così via.

Anche noi, come gruppo, abbiamo sentito il bisogno di incontrarci “telematicamente” per confrontarci sulle reciproche esperienze nel nostro lavoro di psicoterapeute dell’età evolutiva. Così, riflettendo insieme, ci siamo rese conto che, se per gli adolescenti la proposta di proseguire attraverso sedute in remoto sia stata quasi “naturale” perché sono più abituati al mondo virtuale, per i bambini, soprattutto per quelli più piccoli, non è stato così.

Con alcuni di loro è stato possibile effettuare le sedute attraverso lo schermo di un computer o di un telefonino, con altri abbiamo potuto solo mantenere uno spazio piccolo, ma significativo della nostra presenza, attraverso un breve saluto telefonico settimanale.

I bambini hanno perso il contatto con la scuola, con i loro amici, con le loro attività e con noi.

I piccoli pazienti si sono trovati a vivere una separazione improvvisa, diversa dalle altre, come, per esempio, quella per le vacanze estive che seppur lunga, ha un inizio e una fine ben definiti.

Oggi, all’inizio di una nuova fase di questa pandemia, apparentemente meno limitante, viviamo in un’atmosfera in cui è ancora tutto sospeso, non sappiamo quando possiamo rivederci e in che modo potremo rivederci… soprattutto con i bambini.

Sono tanti gli interrogativi che ci accompagnano in questi giorni ed è proprio dal vertice dei bambini che, in questo breve lavoro, vorremmo proporre una riflessione sul nostro ruolo di terapeuti durante il lockdown.

Nel pensare a come costituire il setting necessario per avviare una psicoterapia online, ci siamo imbattute fin da subito in numerose difficoltà: come fare a meno della scatola dei giochi di ogni bambino? Come gestire la presenza dei genitori in casa? Come preservare la relazione analitica dai cambiamenti in atto?

Pensiamo, in particolar modo, a quanto il contatto fisico, il corpo, costituiscano una parte importante del lavoro con loro, ma quanto quel contatto sia diventato “pericoloso”, potenzialmente infettante. La trasformazione del setting ha infatti comportato l’eliminazione di tutti gli aspetti corporei nella comunicazione con il bambino, nel passaggio ad una modalità che rimanda molto di più alla distanza.

Mantenendo costanti giorni e orari delle sedute (importante aspetto di continuità con la psicoterapia “in presenza” in studio) abbiamo tentato di costituire una primissima struttura di questa nuova modalità di lavoro con i bambini.

Abbiamo spiegato ai genitori, che prima accompagnavano i figli in studio, la necessità di aiutarli a connettersi, fornendo strumenti di comunicazione (tablet, smartphone, computer) e assicurando al bambino la tranquillità di uno spazio privato, in genere la cameretta, in cui poter esprimere con libertà il proprio mondo interno.

Nonostante la nuova cornice di riferimento avviata, in alcune situazioni, soprattutto con i bambini molto piccoli, non è stato semplice proseguire la psicoterapia, poiché dopo una iniziale curiosità, hanno cominciato a manifestare la frustrazione nel dover tollerare la distanza dal terapeuta.

D’altra parte, i bambini si sono trovati da un giorno all’altro in una realtà cambiata e in un luogo diverso caratterizzato da una netta separazione da tutto il quotidiano che costituiva la “struttura” rassicurante di ogni giorno di cui anche noi facevamo parte.

Ci siamo chieste come abbiano reagito al trauma i bambini, al vuoto e all’assenza. Dalla condivisione delle nostre esperienze cliniche, abbiamo riflettuto che è stato frequente osservare la presenza di un aspetto eccitatorio, dove la mancanza è stata inizialmente vissuta come una vacanza, senza impegni né regole. Ci è parso, per lo meno all’inizio, che il vuoto lasciato dal quotidiano fosse stato negato attraverso una sorta di riparazione maniacale che sembrava colmare il senso di smarrimento e di assenza.

Nello scorrere dei giorni abbiamo notato che i sentimenti dei bambini sono cambiati e hanno iniziato ad esprimere vissuti più angosciosi. Anche i disegni e i loro racconti si sono animati di elementi minacciosi, sono comparsi, ad esempio, mostri che da fuori cercavano di entrare nelle case mettendo in evidenza aspetti persecutori legati alla malattia e al senso di impotenza.

Dal racconto dei genitori è emerso che anche il sonno è diventato molto più agitato con risvegli caratterizzati spesso da pianto e smarrimento.

Per alcuni bambini abbiamo anche notato il manifestarsi di situazioni fobiche, espresse attraverso paure specifiche, come la paura di insetti e animali immaginati come nemici che avrebbero potuto fare delle incursioni dentro alle loro case.

La nostra presenza, in questo periodo, ha offerto un contenimento dell’angoscia e la possibilità di tenere vivo il legame.

Non sempre, però, ciò è stato possibile direttamente con i bambini, soprattutto nelle situazioni in cui un assetto familiare difensivo di chiusura non ha permesso di sviluppare un lavoro on line con loro. In questi casi abbiamo proposto un contatto telefonico settimanale con i genitori, permettendo così l’emergere delle angosce di alcuni genitori che, a loro volta, si sono sentiti travolti dalle paure relative alla pandemia. 

In particolar modo, in alcune situazioni, ci è sembrato che le famiglie (dove spesso era presente un disturbo psicopatologico più grave) si fossero ritirate in una sorta di “guscio difensivo” che le ha condotte a negare la rilevanza dell’impatto sui bambini della sospensione della loro vita, delle loro relazioni e anche dello spazio offerto dalla psicoterapia.

A volte il disagio dei bambini ha preso la forma del rifiuto di effettuare le lezioni scolastiche online o i compiti. Questo rifiuto è sembrato l’espressione del disorientamento dei bambini tra la percezione dei cambiamenti angoscianti e delle perdite e la richiesta di aderire velocemente ad una sorta di "normalizzazione" che molti genitori hanno proiettato nell’impegno scolastico (negando il disagio e le paure dei bambini).

Laddove è stato possibile riflettere con i genitori sugli aspetti emotivi dei figli, abbiamo notato come spesso venissero immaginati inconsapevoli di quanto stesse accadendo.

Alla luce di quanto osservato e di queste brevi considerazioni, ormai alla fine del lockdown e alle soglie della graduale ripresa della nostra attività negli studi, sono tante le domande che restano aperte e che ci portano alla necessità di continuare a riflettere sull’impatto che questa esperienza, ancora in essere, avrà sui nostri piccoli pazienti e sul nostro modo di stare con loro. Basti pensare, per esempio, ai nuovi e ulteriori adattamenti del setting con i quali dovremmo confrontarci e che sono legati alla necessità di adottare le numerose misure di sicurezza e un assetto più controllato e meno spontaneo nello stare insieme.

 

[1] Il disegno riportato appartiene alla raccolta di disegni di bambini (non in psicoterapia) effettuata dalla Dott.ssa Margherita Iezzi, in collaborazione con l’associazione “Divenire” e il Kiwanis-Club Spoltore. Per la pubblicazione è stato chiesto e ottenuto il consenso informato da parte dei genitori.

[2] https://www.who.int/dg/speeches/detail/whodirector-general-s-opening-remarks-at-the-mission-briefing-on-covid-19 

[3] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/11/20A01605/sg

 

23/05/2020

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