Promossi o bocciati? di L. Iannotta

Promossi o bocciati?

 

di Lorenzo Iannotta

 

 

 

Qual è il senso della bocciatura nella scuola dell’obbligo?

 

“Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti.”

 

Questo è l’incipit di “Lettera a una professoressa”, il celebre testo che negli anni ’60, rese celebre il messaggio civile di Don Lorenzo Milani e della Scuola di Barbiana: un ragazzo perso alla scuola è un cittadino perso alla società. Questa frase condensa molte delle reazioni emotive alla bocciatura: rabbia, frustrazione, dolore, ma soprattutto la sensazione profonda di non riuscire ad avere la giusta considerazione come persona, essere dimenticati, essere spinti nella schiera degli esclusi e abbandonati.

 

La bocciatura a scuola, che dovrebbe essere l’esito di una verifica oggettiva relativa a contenuti e competenze non raggiunte, in genere è vissuta dagli interessati e dalle famiglie come una bocciatura alla persona e, come tale, può far vacillare l’autostima. Sarebbe importante che l’ambiente scolastico e familiare riuscissero ad aiutare il ragazzo a dare un senso alla bocciatura senza ricorrere ai luoghi comuni della “giusta punizione” o, all'opposto, dei “professori che non capiscono niente”. Dare un senso alla bocciatura significa aiutare il ragazzo a parlare del proprio percorso, dei segnali presenti già da tempo, delle cause che hanno portato ad un tale risultato in modo da poter pensare e costruire un percorso alternativo. In poche parole, aiutarlo a metabolizzare la sofferenza.

 

Purtroppo nella scuola si pensa che l’accoglienza riguardi solo l’ingresso degli alunni all’inizio dell’anno e non anche la sua conclusione, specie se infausta. Bisognerebbe invece pensare all'importanza di istituire dei momenti di riflessione comune scuola-famiglia dopo la fine della scuola in modo da ripensare quanto accaduto e avviare percorsi virtuosi.



Bocciato al primo superiore: cambio scuola? Lascio tutto?

 

Secondo le statistiche è proprio al primo e secondo anno delle superiori che si registra il picco delle bocciature, con la più alta percentuale di studenti non ammessi a frequentare la classe successiva. Varrebbe la pena che scuola e famiglie si chiedessero “perché” ciò avviene e quali conseguenze comporta, per fare in modo di prevenire piuttosto che ridursi a curare.

 

La scuola superiore rappresenta una delle prime scelte importanti della vita e il primo anno è l’anno dei grandi cambiamenti: non solo fisici, dovuti all’età, ma anche sociali ed emotivi. Il distacco dalla famiglia e l’inizio di responsabilità “da grandi” diventa una realtà concreta. L’ingresso nella scuola superiore ha stimolato nel ragazzo una rappresentazione di sé come studente che deve raggiungere determinati obiettivi, ma se interviene una bocciatura questi vengono tutti rimessi in discussione. In questo caso sarebbe utile per l’interessato riuscire a capire qualcosa di più di se stesso: “Cosa significa la scuola per me? Perché non sono riuscito a studiare? Perché tante assenze? Cosa voglio fare da grande? Mi sento in grado di affrontare i compiti che mi vengono richiesti? Ho voglia di scappare? E perché?”.

 

La scuola e la famiglia dovrebbero aiutarlo a cercare delle risposte, ricordando che la bocciatura diventa un dramma solo quando si trasforma in un abbandono della scuola: in questo caso diventa il fallimento di un progetto che può indurre ulteriori fallimenti e, nella nostra società, può significare anche l’inizio di una vita molto più disagiata.



Sono stato respinto ma non mi importa affatto…

 

Ogni vittoria e ogni insuccesso stimolano risposte soggettive intense o deboli, pertinenti o incongrue.

 

Proviamo a distinguere le possibili risposte alla bocciatura.

 

Le reazioni emotive ad un evento tanto forte possono essere molto diverse tra loro, anche se altrettanto intense: il disinvestimento di una realtà tanto frustrante è una delle possibili varianti, altrimenti ci possono essere sentimenti di forte rabbia o di intensa delusione. Dire “non mi importa affatto” fa pensare ad una reazione di disinvestimento, al fine di diminuire o annullare l’importanza dell’evento: ciò può avvenire quando non ci sentiamo pronti ad affrontare una situazione molto dolorosa. Questo disinvestimento, d’altra parte, può essere un processo iniziato ben prima della conclusione della scuola ed evidenziato dai ritardi, dalle assenze, dagli ‘impreparato’ sul registro. Ricordiamoci che la bocciatura è l’ultimo e formale atto di un viaggio durato un intero anno scolastico. Il rischio che si rinunci ad un progetto formativo è alto. È anche possibile che si provi una intensa rabbia nei confronti degli insegnanti, ritenuti i soli responsabili. In questo caso non vengono valutate realisticamente le difficoltà incontrate nell’acquisizione di competenze richieste dalla scuola, l’unica dimensione che viene vista è quella della punizione gratuita attuata da “chi ha il coltello dalla parte del manico”. Un’altra possibile reazione è una intensa delusione conseguente all’illusione che tutto andava più o meno bene e che i professori avrebbero capito e incoraggiato. In questi casi la bocciatura sembra arrivare inaspettata e ci si può sentire molto depressi, non capiti, senza la speranza di poter rimediare. Forse è questa la reazione più preoccupante che deve indurre chi sta vicino al ragazzo a prendere subito contatto con i professori e forse anche a consultare uno psicologo. Ovviamente c’è anche la possibilità di una reazione costruttiva da parte di ragazzi che riconoscono le proprie responsabilità e, pur provando sentimenti di tristezza del tutto comprensibili, non perdono la speranza e la grinta per riprendere un cammino interrotto e utilizzare l’esperienza acquisita.



Vedo mio figlio agitato dopo la bocciatura a scuola, cosa devo fare?

 

Preoccuparsi per lo stato d’animo che un ragazzo presenta dopo la bocciatura è la prima delle risposte che la famiglia può offrire e dovrebbe impegnare anche l’istituzione scolastica. Come si è detto, è importante sostenere emotivamente il ragazzo per cercare di capire come si è arrivati ad una tale conclusione. Capire le cause, infatti, è il compito preliminare per porre le basi di un successivo recupero.

 

In questi momenti i ragazzi potrebbero non riuscire ad esaminare cosa in realtà è successo durante l’anno, che metodo di studio hanno adottato, che tipo di relazioni hanno instaurato con adulti e coetanei, come si sono sentiti nella scuola. Minimizzare o esasperare l’accaduto, come ci dice il senso comune, serve a poco: è più utile identificare quale tipo di reazione sta mettendo in atto il ragazzo, riconoscere la frustrazione subita da lui e dai genitori stessi, interrogarsi sul percorso scolastico e sulla motivazione, cercare un dialogo con la scuola o, se è il caso, consultare uno specialista.

06/07/2016

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