Lettino o lettone? di B. Micanzi Ravagli e R. Quintiliani

Lettino o lettone?

 

Mio figlio non vuole dormire da solo: da cosa può dipendere?


Cosa fare se si addormenta con difficoltà e si sveglia spesso di notte? E se non vuole dormire nel suo letto? Quanto la presenza dei figli nel lettone condiziona la vita di coppia? Mio figlio non vuole dormire da solo: da cosa può dipendere? Le difficoltà del sonno nei bambini possono essere molto diverse tra loro. Mentre alcuni si addormentano facilmente e dormono profondamente, altri alla sera non andrebbero mai a dormire e hanno il sonno leggero. C’è poi chi si sveglia regolarmente ogni notte e richiede la presenza del genitore per riaddormentarsi. Altri invece solo episodicamente manifestano queste difficoltà. Ci sono poi situazioni stressanti in cui i bambini hanno reazioni molto simili a quelle degli adulti e, se sono troppo agitati per dormire, possono avere bisogno della presenza rassicurante del genitore. È il caso per esempio del periodo in cui è in arrivo o è nato da poco un fratellino. La paura di essere escluso, il volersi assicurare il proprio posto, possono portare il bambino ad avere difficoltà nell’addormentarsi o a svegliarsi durante la notte. Il medesimo problema può presentarsi in periodi in cui la famiglia è in difficoltà: problemi economici, malattie, separazioni ed altre situazioni particolarmente stressanti che assorbono completamente i genitori. In questi casi, se un bambino non vuole stare solo e richiede la presenza della mamma e del papà, è perché ha bisogno di rassicurarsi sul fatto che continua ad avere uno spazio nella loro mente. È quindi importante fare queste distinzioni per comprendere se ci si trova nell’ambito delle normali vicissitudini quotidiane o si è di fronte ad un problema che richiede un aiuto esterno. Cosa fare se si addormenta con difficoltà e si sveglia spesso di notte? Diverso è il caso in cui la difficoltà di addormentarsi da solo è continuativa e presente sin dalla nascita. Anche senza entrare in aspetti più specifici, va premesso che il sonno ha un suo ciclo in cui le varie fasi si alternano, con risvegli parziali tra l’una e l’altra. Perciò il dormire per un periodo prolungato richiede al neonato la capacità di passare da una fase all’altra, per esempio cambiando posizione o succhiando, senza risvegliarsi completamente. Si tratta di un traguardo evolutivo precoce, che i neonati raggiungono in genere già nei primissimi mesi, alcuni fin dai primi giorni di vita, con grande sollievo dei genitori che cominceranno a sentirsi sulla buona strada. Le difficoltà nel raggiungimento di questa importante tappa maturativa possono nascere da una particolare sensibilità del bambino, come nel caso del bambino prematuro, ma in genere perdurano sulla base di un insieme di fattori in cui la ipersensibilità del neonato si combina con ansie specifiche dei genitori, per esempio sullo stato di salute del figlio e/o sulla propria capacità di essere un buon genitore. Quando ciò avviene, l’acquisizione di questo importante traguardo evolutivo è impedita o disturbata e si produce un circolo vizioso di rassicurazione reciproca che comporta il bisogno di addormentarsi unicamente in presenza dell’altro. In conclusione, l’incapacità di dormire da soli, quando non sia la manifestazione di una regressione occasionale dovuta ad avvenimenti o situazioni particolari, va letta come un segnale di disagio e considerata con la dovuta attenzione, anche per le conseguenze che essa comporta in termini di stanchezza dei genitori e per il rischio di un deterioramento progressivo dei rapporti. E se non vuole dormire nel suo letto? Qui ci muoviamo su un terreno un po’ più accidentato e, anche in questo caso, vi è un’ampia gamma di situazioni relative sia al comportamento notturno del bambino, sia alle risposte dei genitori. Ci può essere il caso del bambino che si addormenta unicamente nel lettone in presenza di uno dei genitori o di entrambi; il bambino a volte viene successivamente portato nel proprio letto, a volte invece prosegue il suo sonno in quello dei genitori. C’è poi la situazione in cui il bambino si addormenta nel proprio letto, ma si sveglia durante la notte e va da loro. Alcuni riportano dopo un po’ il figlio nella sua camera, altri lo lasciano nel lettone. In questo caso succede che uno dei genitori, in genere il padre, finisca nel letto del bambino cedendo il proprio posto nel letto matrimoniale al figlio. Possiamo addirittura avere situazioni in cui c’è più di un bambino a difendere ogni sera il proprio posto nel lettone, che assomiglia sempre più ad un territorio di conquista. Generalmente i genitori spiegano la difficoltà a far dormire il bambino nel suo letto con la propria stanchezza, con la comodità di averlo accanto senza dover stare svegli ad aspettare che egli si addormenti e con altri argomenti che però nella maggioranza dei casi hanno origine da un problema personale a porre dei limiti e da un problema di coppia a salvaguardare la propria intimità. Queste situazioni complicate sono più frequenti di quanto si possa credere e, pur essendo originariamente connesse con ansie e tensioni nei genitori, una volta che si sono create, le accrescono e le esasperano rendendo più difficile una generale pacificazione. Se questi problemi perdurano è molto importante considerare che, con il passare del tempo e con la crescita del bambino, i nodi che queste situazioni creano nei rapporti diventano sempre più aggrovigliati e difficili da sciogliere. Quanto la presenza dei figli nel lettone condiziona la vita di coppia? Sempre più spesso, come psicoterapeuti dell’infanzia, ci troviamo a scoprire quasi a margine delle consultazioni con i genitori che la loro vita di coppia è pesantemente condizionata dalla presenza notturna del figlio o dei figli. In queste comunicazioni colpisce che questa sorta di “abdicazione” da funzioni centrali per la vita personale e per l’armonia della coppia venga presentata come irrilevante e determinata dalle esigenze del bambino. Come se l’essere genitori fosse incompatibile con le proprie esigenze di riposo e di intimità. Piuttosto veniamo a scoprire che c’è stata una rinuncia, per i motivi più diversi, a porre dei limiti a salvaguardia dell’intimità che è il cuore della vita coniugale. Questa, purtroppo è una rinuncia che non va a vantaggio di nessuno e che, al contrario, per la perdita dei confini generazionali, per la confusione dei ruoli e per le ansie e le rivendicazioni che si vengono a creare, compromette il benessere di grandi e piccoli. In queste condizioni infatti la confusione è tale che si arriva a sostenere che i bambini quando dormono non si accorgono di eventuali rapporti sessuali tra i genitori. Ora, nelle analisi di bambini e adulti, noi sappiamo quanto sono frequenti il turbamento e la confusione derivanti dalla esposizione precoce alla sessualità dei genitori. Ma, anche se il bambino non si svegliasse, perché rischiare di turbarlo, per di più condannandosi ad una vita sessuale clandestina? Tutto questo, anche se considerato marginale, andrebbe meglio capito nell’ambito di una consultazione psicologica. Al contrario, la stanza dei genitori e il letto matrimoniale definiscono e rappresentano lo spazio privilegiato della coppia, spazio in cui l’uomo e la donna possono raggiungere un importante traguardo della maturità: sperimentarsi come adulti con una propria vita sessuale e, nello stesso tempo, come genitori. Non si tratta quindi di escludere i figli né di sostenere che farli piangere fa bene, ma semplicemente di garantire un proprio spazio a ciascun membro della famiglia. Creare la distinzione di spazi contro la confusione, proteggere l’intimità della coppia e della propria sessualità, porre i giusti limiti senza pensare che questo pregiudichi il rapporto con i figli, sono indice di equilibrio e garanzia di un sereno rapporto di coppia che solo può sostenere un sano sviluppo del bambino. Bianca Micanzi Ravagli e Roberto Quintiliani © Il Pensiero Scientifico Editore

04/07/2007

Centri Clinici AIPPI

I Centri Clinici AIPPI offrono, a costi contenuti, consultazioni e percorsi psicoterapeutici ad indirizzo psicoanalitico per bambini in età pre-scolare, scolare, adolescenti con lievi o gravi difficoltà nella sfera emotiva e relazionale e per genitori che si trovano ad affrontare problematiche di coppia e/o legate al rapporto con i figli.

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