Confronto o scontro? di Chiara Mezzalama e Laura Mercuri

Confronto o scontro?


Famiglia “ideale”, favola o realtà? Perché si discute? Quando il conflitto fa paura? Confronto o scontro? Quali strumenti per gestire il conflitto?

L’idea della “famiglia felice” è molto presente nell’immaginario collettivo e nella nostra quotidianità viene spesso proposta, specie negli spot pubblicitari, con delle caratteristiche precise: genitori e figli sono giovani, belli e sani, condividono molti momenti della giornata, in grandi case luminose e sono perennemente allegri. La realtà purtroppo è un po’ diversa. I tempi della vita in comune sono spesso ristretti e vissuti con fretta e, talvolta, con nervosismo: un caffè di corsa, la televisione accesa tra i capricci dei bambini e un battibecco dei genitori. La vera differenza, però, tra la famiglia “ideale” rappresentata dalla pubblicità e quella reale è che la prima è una famiglia senza conflitti, dove regna un’armonia perenne e artificiale, mentre nelle famiglie vere il conflitto è all’ordine del giorno. Perché si discute? Di solito il conflitto si manifesta nella gestione delle piccole faccende quotidiane e riguarda spesso l’educazione dei figli. Si discute su quali siano le regole da rispettare e su chi debba stabilirle, su orari di rientro a casa, abitudini, gestione del tempo libero, compiti scolastici, amicizie. Solo apparentemente può sembrare che tutti i membri della famiglia siano protagonisti allo stesso modo dei litigi e delle discussioni che si ripetono quotidianamente. In realtà i veri attori del conflitto sono quasi esclusivamente i genitori che, anche involontariamente, coinvolgono i figli, inducendoli a schierarsi da una parte o dall’altra. La discussione non riguarda tuttavia solo l’educazione dei figli: spesso sono gli adulti a discutere tra loro sulla divisione delle incombenze domestiche, ma anche su argomenti strettamente riguardanti la relazione di coppia, come i rapporti sociali e la vita sessuale. Il conflitto, inteso come differenza di posizioni, è parte integrante della vita di una famiglia, e come tale ineliminabile e anche fecondo, perché conduce a quegli aggiustamenti necessari che rendono un insieme di persone un’entità nuova e forte. Il problema nasce quando il conflitto manifesto nasconde un altro conflitto, che affonda le sue radici nella storia della coppia e nella storia personale di entrambi; la sua mancata risoluzione è infatti spesso all’origine della crisi della famiglia e dell’aumento del numero delle separazioni. Quando il conflitto fa paura? La costituzione di una coppia comporta spesso la convinzione illusoria, da parte di coloro che la compongono, che essa abbia caratteristiche del tutto originali, indipendenti da quelle delle proprie famiglie di origine. Si crede di iniziare una storia nuova, tutta da inventare. La convivenza poi, e soprattutto la nascita dei figli, portano invece alla luce quella diversità di bagaglio culturale ed emotivo che si pensava appartenesse ad una fase precedente della propria vita: ci si accorge col tempo che non si sposa mai una persona sola, ma un’intera famiglia. È questa presa di coscienza che fa nascere i conflitti, laddove il diventare genitori fa rivivere la propria esperienza di figli e riattiva modelli educativi radicati nella propria infanzia. Il problema si pone nel momento in cui i modelli educativi dei due membri della coppia non coincidono. Ciò che si nasconde dietro il conflitto, e che lo rende temibile, è l’intreccio emotivo sottostante, l’irrompere del passato nella vita presente che rischia di far perdere la lucidità necessaria per scendere a patti con la diversità dell’altro e sostenere un confronto costruttivo. In questo senso non è il conflitto che fa paura, ma il possibile fallimento della coppia, del progetto comune, che un conflitto portato alle sue estreme conseguenze comporta. In altre parole, si ha paura di non sapersi fermare in tempo. Confronto o scontro? Il conflitto, inteso come reale e sincero confronto sulle rispettive convinzioni e le rispettive dinamiche emotive, è sicuramente fondamentale per la “salute” della coppia e, quindi, della famiglia. Sono molte le cose non dette all’interno di una coppia, proprio per la paura del fallimento. Ma ciò che viene taciuto o mascherato sotto altre spoglie - il battibecco sterile, il disaccordo sulle regole - corrode da dentro l’armonia della coppia, conducendo spesso ad una conclusione paradossale: ci si lascia, alla fine, per non aver voluto rischiare di lasciarsi prima. Discutere non significa necessariamente litigare, essere in disaccordo non comporta per forza una rottura. Scoprire cosa si nasconde dietro il conflitto può aprire la strada alla sua risoluzione, facendo i conti con la propria storia, e vivendo la propria esperienza di coppia e di famiglia come unica e irripetibile, seppure talvolta difficile e faticosa. Quali strumenti per gestire il conflitto? Gli strumenti indispensabili perché un conflitto diventi un’occasione di confronto costruttivo sono il dialogo, la sincerità nello scoprirsi di fronte all’altro, la fiducia reciproca. La paura del conflitto ha generato tuttavia un equivoco rispetto agli strumenti per gestirlo. La tolleranza reciproca, la pazienza, la capacità di sopportare le frustrazioni, che un tempo erano definite virtù, appaiono oggi come difetti o segni di debolezza; ma solo attraverso questi atteggiamenti è possibile gestire il conflitto in maniera positiva. È ovvio però che, quando si fa di tutto per nascondere le reali motivazioni di un conflitto, non è facile confrontarsi apertamente: in questo caso è certamente utile l’apporto di una figura esterna, che possa aiutare la coppia – in una situazione protetta – ad essere più cosciente del “non detto” e a sperimentare le modalità più adatte di discussione, sulla base delle risorse personali di ciascuno e della motivazione a superare le difficoltà. Chiara Mezzalama Psicologa, psicoterapeuta, AIPPI Laura Mercuri Psicologa, psicoterapeuta © Il Pensiero Scientifico Editore

29/02/2008

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