Chi ha paura dello psicologo? di C. Mezzalama e L. Mercuri

A cosa è dovuto il boom della "psicologia da rivista” degli ultimi anni?

Quali sono le convinzioni più diffuse nei confronti delle terapie psicologiche?

E quali le paure più comuni? In cosa consiste il “percorso terapeutico”?

Quando è davvero il caso di affidarsi ad un esperto? Molto amate dai lettori e cliccatissime su internet. Sono le rubriche dedicate alla psicologia. “Lettere allo psicologo”, “Consigli dallo psicologo” e interi forum attraverso i quali chiedere consulenze e pareri a "interlocutori" più o meno qualificati. Eppure tutto questo interesse per i temi della psicologia non sempre prelude ad una richiesta diretta ai professionisti, psicologi, psicoterapeuti e psicoanalisti, che praticano negli studi. Come spiegare tale contraddizione? A cosa è dovuto il boom della "psicologia da rivista” degli ultimi anni? L’aumento dell’aspettativa di vita realizzatosi negli ultimi decenni ha portato progressivamente alla ribalta l’interesse per un benessere non solo fisico ma anche psicologico, alla ricerca di una “felicità” non più considerata un’utopia ma, ottimisticamente, un diritto di tutti. Ciò, unitamente alla capillare diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, internet soprattutto, ha avvicinato le persone alle tematiche psicologiche, prima considerate di competenza esclusiva dei professionisti del settore. Argomenti come le malattie psicosomatiche, i conflitti relazionali e addirittura l’interpretazione dei sogni fanno ormai parte della sfera di interesse di gran parte degli esseri umani. Di qui l’irresistibile tentazione di provare a risolvere da soli i problemi che, ormai l’abbiamo imparato, ci rendono difficoltoso o quasi impossibile il raggiungimento di quella felicità considerata ormai imprescindibile. Si passa quindi, con voracità, dalla lettura delle rubriche psicologiche delle riviste alla richiesta di consigli online, rigorosamente “a distanza”. Quali sono le convinzioni più diffuse nei confronti delle terapie psicologiche? Paradossalmente, a fronte di questo aumento esponenziale dell’interesse nei confronti delle tematiche psicologiche, indagini curate da sociologi hanno rilevato che la conoscenza della materia da parte della gente è, nella maggior parte dei casi, approssimativa e, spesso, infarcita di pregiudizi difficili da scalfire. La stessa esatta distinzione tra competenze e ambiti di intervento dei diversi professionisti del settore è quasi sempre assente o vaga: ci si confonde tra psicologo, neurologo e psichiatra, per non parlare della differenza tra psicologo e psicoterapeuta, o tra psicoterapeuta e psicoanalista. Il sospetto nei confronti di una terapia basata sul dialogo è ancora fortissimo, assieme alla diffusa convinzione che, dopotutto, basta volerlo davvero e chiunque può risolvere da solo i propri problemi psicologici, riflettendoci su, magari con l’aiuto dell’ultimo articolo sul settimanale femminile o di quel sito internet che promette consigli risolutivi con il semplice invio di una mail. Nello specifico delle convinzioni relative all’ambito psicologico, inoltre, ancora prevalgono opinioni di questo genere: “Il carattere è carattere. Ci si nasce, e nessuno lo può cambiare”; “Io so qual è il mio problema, devo solo pensarci su”; “Andare da uno psicologo è solo una perdita di tempo e soldi: posso parlare anche con un amico”, “Se poi mi lego resterò dipendente per sempre”. E quali le paure più comuni? Il timore principale è, per tutti, quello di mettere in discussione il proprio equilibrio faticosamente raggiunto, senza la garanzia di giungere ad un cambiamento in positivo, cambiamento che, di per sé, costituisce comunque un rischio. In certi casi, inoltre, domina la convinzione che “è sempre meglio non svegliare il can che dorme”, con il rischio che la situazione peggiori. C’è poi, fortissima, la paura di dover ammettere i propri errori, senza più potersi appoggiare alla consolante certezza di essere stati vittime degli altri e delle circostanze avverse. Infine, ultima ma non ultima, la diffidenza nei confronti di un professionista spesso dipinto come una specie di stregone, o uno “strizzacervelli”, in grado di leggerci dentro, annullare le nostre difese e manipolarci a piacimento, rendendoci schiavi di una dipendenza umiliante. In cosa consiste il “percorso terapeutico”? Il fatto di dover chiedere aiuto appare a molti il segno di un fallimento. Al contrario, in realtà, ciò che si prova nel momento in cui si riescono ad affidare ad un altro le proprie preoccupazioni, paure, frustrazioni è solitamente un senso di sollievo. Lo spazio terapeutico è innanzitutto uno spazio protetto, privato, all’interno del quale il paziente riceve, o dovrebbe ricevere, un ascolto privo di giudizio, fondato sull’empatia e sulla capacità del terapeuta di accogliere anche i contenuti più difficili, i silenzi più imbarazzati, un pianto desolato o una rabbia che non trova sfogo. Senza dare consigli risolutivi, il terapeuta si accosta alla sofferenza del paziente, consentendo a quest’ultimo di ristabilire un contatto con se stesso. Laddove si stabilisca una buona alleanza tra il paziente e il suo terapeuta, il primo saprà tollerare un certo grado di dipendenza che non significa sottomissione ma possibilità di lasciarsi accompagnare per un tratto della propria strada particolarmente difficile o complesso. Certo, il cambiamento di certi aspetti di se stessi e del proprio modo di affrontare la realtà è quanto di più difficile ci sia dato di vivere. Ogni percorso terapeutico implica perciò anche l’accettazione della fatica che comporta il rimettersi in discussione per trovare nuovi e più adeguati modi di relazionarsi con il mondo. Quando è davvero il caso di affidarsi ad un esperto? Il ricorso a un terapeuta non è sempre indispensabile. Anche la psicologia “da rivista” può essere un utile strumento per quelle persone che, di fondo, possiedono già una propria capacità introspettiva e un proprio equilibrio. Qualora però il disagio emotivo pregiudichi lo svolgimento delle normali attività quotidiane o la qualità delle relazioni affettive significative, è sempre consigliabile rivolgersi ad un esperto che aiuti la persona a riconsiderare la situazione da un altro punto di vista, riattivando le sue risorse interiori al fine di trovare modalità più creative per affrontare la realtà. Chiara Mezzalama Psicologa, psicoterapeuta, AIPPI Laura Mercuri Psicologa, psicoterapeuta © Il Pensiero Scientifico Editore

26/04/2008

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